#4 di Fiaba Moderna.
Quando, a settembre, le scuole erano ricominciate, Vera aveva realizzato che la sua classe era composta interamente da ragazze. Sembravano tutte appena uscite dal set di The OC, ogni passeggiata per i corridoi era una sfilata di moda. Almeno la lasciavano in pace. Niente più “obesa”, niente più classifiche. Le materie di studio non erano troppo complicate e, come previsto, la matematica era dappertutto. Le piacevano i problemi di economia aziendale, si esercitava volentieri a casa e la sua media di voti era più che soddisfacente. La sua compagna di banco, Jennifer, era una ragazza con i capelli rossi e la passione per Jesse McCartney. Aveva un dono naturale per il disegno, che avrebbe potuto coltivare al liceo artistico, ma i genitori avevano deciso di fare della figlia una grigia burocrate e lei sfogava la sua vena artistica sui quaderni suoi e di Vera. Le piaceva quella compagna di banco, che diceva così poco a parole e così tanto con carta e matita, ma non avrebbe mai potuto eguagliare, neanche lontanamente, il vicino di banco dell’anno precedente.
Il primo giorno all’ITIS di Matteo era stato col botto. Un suo compagno, ripetente, aveva pensato di far pagare ai professori la decisione dell’anno precedente entrando in aula con il motorino. Aveva sgommato per i corridoi ed era entrato in classe impennando su una ruota sola. La Seguini, professoressa di inglese, aveva iniziato a strillare che doveva uscire immediatamente e che gli avrebbe messo una nota sul registro. Si era rifiutato di farlo finché non era arrivata la Miglio, prof di italiano e unica per la quale lui nutrisse un po’ di rispetto. Il ragazzo che era rientrato in aula la seconda ora, dopo una visita in presidenza, non sembrava nemmeno la stessa persona. Aveva avuto il suo quarto d’ora di gloria, non necessitava di ulteriori attenzioni. Aveva indicato il posto vuoto di fianco a Matteo, chiedendo se fosse libero. Matteo aveva spostato i suoi libri per fare spazio al nuovo vicino. Ancora non potevano saperlo, ma era l’inizio di un sodalizio destinato a durare molti anni. Era così che Luca e Matteo si erano conosciuti.
La prima festa, di una lunga serie, a casa di Matteo, era stata organizzata per inaugurare l’inizio della scuola. Era metà settembre, faceva ancora caldo e la piscina era ancora agibile. Aveva invitato tutti, compagni di classe vecchi e nuovi e, in totale, c’erano una cinquantina di persone.
C’era Vera, a cui non sembrava vero, dopo tutti quei mesi, di poter rivedere il suo amato.
C’era Vanessa, che aveva mantenuto la promessa e non aveva rivelato a Matteo i sentimenti di Vera.
C’era Luca, su cui Vanessa aveva già puntato gli occhi. Ma era troppo preso a contemplare il Kawasaki del padre di Matteo per accorgersene.
Era una sensazione del tutto nuova, per Vanessa, quella di non essere considerata da un ragazzo. Fin dalla scuola materna, era abituata a essere la più bella della classe. Era sempre la prima, nelle classifiche dei maschi. Ad ogni San Valentino, riceveva fiori e cioccolatini e, per tutto l’anno, biglietti, disegni, peluche e poesie d’amore. Conservava tutto in una grande scatola che teneva sotto al letto. Ogni tanto, quando si sentiva triste, allineava sul letto e contemplava tutte le sue conquiste. Quando era arrivata alla festa, con mezz’ora di ritardo, come ogni diva che si rispetti, aveva pensato che sarebbe stata solo questione di tempo e Luca sarebbe andato da lei. Succedeva sempre, con i ragazzi.
Quell’anno, al mare, lei e la sua amica Greta avevano fatto grandi conquiste. Erano riuscite a convincere i genitori a lasciarle uscire da sole la sera. Siamo a Bellaria, che cosa vuoi che capiti?
La prima tappa era il parco giochi, dove si toglievano quei vestiti da sfigate che i loro vecchi le costringevano ad indossare. Poi minigonne, shorts, magliette corte e scarpe col tacco. Su un numero di Cioè avevano trovato dei piercing per l’ombelico da applicare con l’adesivo. Quello di Greta era bianco. Vanessa l’aveva voluto verde, come il colore dei suoi occhi. Poi, andavano sul lungomare, si sedevano sul muretto. E aspettavano. Dicevano ai ragazzi di avere diciotto anni, nessuno si prendeva il disturbo di verificare se fosse vero. Alcuni le portavano a bere al bar sul lungomare. Altri, con la macchina, le portavano a Rimini a ballare. Alla fine della serata, i due che erano stati più gentili, o che avevano offerto più volte da bere, avevano il diritto di portarle in spiaggia. Decidevano sempre loro chi sarebbero stati gli eletti e non avevano mai litigato per lo stesso ragazzo. Greta aveva quindici anni e l’aveva già fatto, perciò non aveva problemi a ripetere l’esperienza con i ragazzi più carini. Vanessa, invece, era ancora vergine e voleva aspettare quello giusto.
“Quello giusto” era arrivato le prime due settimane di agosto. Davide, vent’anni, volontario della croce rossa. L’aveva adocchiato mentre beveva una birra, seduto ad uno dei tavolini del bar, di fronte al muretto. Si era accorto che lei lo guardava e le aveva fatto l’occhiolino. Vanessa si aspettava che le invitasse a sedersi con lui, di solito capitava così, ma non era successo. Greta, spazientita per le attenzioni che quello sconosciuto rivolgeva unicamente alla sua amica, continuava a chiederle di andare con alcuni ragazzi che le stavano chiamando per andare a ballare. Ma Vanessa non era d’accordo. Lui le aveva fatto l’occhiolino. La voleva. Perché non andava da lei? Greta si era rotta le scatole di aspettare ed era andata in discoteca. Vanessa era rimasta da sola e stava sfoggiando tutto il suo repertorio di seduzione. Accavallava le gambe, muoveva i capelli, si mordeva le labbra. Cliché stereotipati e anche un po’ ridicoli, ma che ne sa una bambina di seduzione? Davide aveva finito la birra, aveva pagato e si stava dirigendo verso di lei.
- Perché non sei andata con la tua amica?
- Perché volevo stare con te.
Davide si era messo a ridere.
- Vuoi una birra?
- No, non mi piace.
Davide aveva riso di nuovo.
- Sei maggiorenne?
- Sì.
- Sicura?
- Se non ero sicura non te lo dicevo.
- Quindi, se ti chiedo di andare a comprare una birra, non ti fanno storie?
Vanessa si era irrigidita. Lei e Greta altre volte avevano provato a farsi dare alcolici da quel bar, ma quegli stronzi volevano vedere i documenti.
- Ti ho detto che la birra non mi piace e tu l’hai già bevuta. Perché dovrei farlo?
Davide aveva riso ancora, questa volta molto più forte delle due volte precedenti. Si divertiva proprio, a metterla in difficoltà.
- Brava, mi piaci, bella risposta.
- Grazie.
- Che cosa ti va di fare?
- Andiamo a ballare.
- Non posso, domani mattina devo alzarmi presto.
- Andiamo in spiaggia.
- La spiaggia, a quest’ora, è piena di tossici.
- Io ci vado sempre con la mia amica.
- Non dovreste. A quest’ora, la spiaggia è piena di brutta gente.
- Ce l’hai una casa?
- Sto in una stanza in affitto.
- Possiamo andare lì?
- Sì, certo, se ti va.
Aveva letto su Cioè che la prima volta è un momento speciale. Che si prova un po’ di dolore, ma è meno intenso, se si fanno i preliminari come si deve. Che, ad un certo punto, avrebbe sentito tutto farsi più forte, più intenso e sarebbe sopraggiunto l’orgasmo. Paralizzata dal terrore, su un materasso cedevole, mentre un uomo speciale, più grande e, sicuramente, più esperto, si prendeva il fiore che aveva custodito per lui, Vanessa non aveva sentito niente.
La mattina dopo, Greta le stava raccontando della sera prima. Aveva limonato con due amici, naturalmente all’insaputa di entrambi, e le stava spiegando come ci era riuscita. Ma l’amica, sempre vigile quando si trattava di pettegolezzi, le sembrava distratta.
- Come è andata con il tipo ieri?
- Si chiama Davide.
- OK, come è andata con Davide?
- Siamo andati a casa sua.
- L’avete fatto?
- Sì.
- Grandeeeee! – l’amica aveva iniziato a farle le feste – Come è stato?
- Schifoso.
- Ah …
Greta era dispiaciuta. Anche la sua prima volta era stata un disastro, ma l’aveva fatto con Andrea, un suo compagno di classe. Sperava che a Vanessa, con un ragazzo più grande, fosse andata meglio.
- Avete usato il preservativo?
- Certo, scema! Mica mi faccio mettere incinta dal primo stronzo che mi scopa.
- Scema sarai tu. E, comunque, guarda che forse è per quello. Se lo fai senza preservativo godi di più.
- Sì, forse hai ragione. Scusami se ti ho detto scema.
Le due amiche si erano abbracciate. Su Cioè c’era scritto che, dopo il sesso, perché il rapporto sia veramente soddisfacente, le coccole sono fondamentali. Davide, quando aveva finito, le aveva detto che la mattina dopo doveva essere in Croce Rossa presto e che aveva un disperato bisogno di dormire. Si era girato dalla parte opposta e le aveva detto di andarsene pure con comodo, non l’avrebbe di certo cacciata come si fa con una puttana. Anche Vanessa, fra le braccia di Greta, stava soddisfacendo un disperato bisogno. Quello di un po’ d’affetto.
Stava sfoggiando il repertorio sexy anche con Luca, ma lui non aveva occhi che per la moto.
“Tanto prima o poi da me ci viene.”
Aveva ragione. Quel che non sapeva è che avrebbe dovuto aspettare tre anni.
Fiaba Moderna
#1: Luca e Nadia
#2: La mattina dopo
#3: Vera
#5: Canapa