Alla fine, #7: i concerti. - TheCio

Alla fine, #7: i concerti.

“Alla fine” è una rubrica in 12 parti. Di cosa parla è abbastanza rivelato nel titolo, salvo che nella sua conclusione si metterà un piccolo seme per un qualcosa di, si spera, più grande di me che ne ho parlato per 12 volte. Esce una volta al mese.

[Nota dell'”autore”: la rubrica cambia nome. Oggi. Da “Come sopravvivere, alla fine” a “alla fine”. Perchè, alla fine, ce la si fa. Nel bene e nel male.]

Questa notte, per la prima volta nella mia vita, sono salito su di un palco.

Nato come uno scherzo da Andrea, alla fine gli Entropia, hanno suonato Boy Band dei Velvet. Per davvero. A tutti i loro concerti urlava di suonare quella canzone. Dopo innumerevoli tentativi, lui che li segue da anni e dall’inizio, è riuscito nell’impresa. Chiamano Andrea sul palco e lui trascina me e Fra là, su. Non ho mai avuto paura a parlare in pubblico. Un po’ tremo, un po’ mi commuovo, ma terrore e paura no. Ecco, stasera, ero totalmente non a mio agio. Sarò stato terribile, ma avrò e conserverò per sempre con me questo ricordo.
Cantare una canzone, su di un palco, con una band che, consapevole o no, mi ha accompagnato in un percorso ormai intrapreso un anno fa circa. Un gruppo, in cui suona un ragazzo, che condivide con me questa piccola avventura che ormai portiamo avanti da più di un anno. Da lì, al microfono, mi indica e dice “Ci tenevo a dedicare Help dei Beatles a Decio, perchè lui di aiuto ne ha bisogno proprio”. Stronzo!

Che mi vuole far vedere i film di Sorrentino. Che a pelle non mi attrae proprio.

“Perchè Luca, vedi, io nella frase che dice all’inizio della Grande Bellezza mi ci ritrovo.”

Certo, se la sostituissimo con “A questa domanda, da ragazzi, i miei amici davano sempre la stessa risposta: “La fessa” [che poi qui non è vero, infatti direi più i miei coetanei che i miei amici]. Io, invece, rispondevo: “I concerti”. La domanda era: “Che cosa ti piace di più veramente nella vita?” Ero destinato alla sensibilità. Ero destinato a diventare un cazzone. Ero destinato  a diventare Decio.” mi ci troverei pure io.

Quando vai a sentire un gruppo, non sei più tu. Fai parte di un pubblico. Canti, assieme agli altri, ogni singola parola (o quasi). Assisti, curioso ed un po’ impaurito che non ti piacciano, ai nuovi singoli. Ti abbracci con sconosciuti e conoscenti e persone che non sai neanche se si ricordano di te, insieme. Lasci da parte il tuo essere e ti fondi con tutti gli altri, creando, assieme, una esperienza collettiva. Ascolti, rielabori, vivi quelle parole e quelle note e per una sera tutto passa in secondo piano. Tutti i problemi, le menate, le domande.

Anche quelle importanti, tipo: “Riuscirò questa volta a darmi una risposta alla domanda perchè la vita finisce? Ce la farò, questa volta, a non piangere per tutto il tempo incapace di inquadrare in un sistema più grande il fatto che qualcuno che era qui, ora non è più con noi, anche se il suo sacco di carne è lì, di fronte a me?”

Però, non è solo un momento di svago. Questa sera, ho sentito una cover. Venditti: Che fantastica storia è la vita. Non sono mai stato un grande appassionato della musica italiana “dei miei genitori”. A parte Battisti ed i Nomadi. Ascoltandola, mi si sono inumiditi gli occhi. Per un attimo, per quei minuti, mi sono guardato intorno e ho visto tante facce. Tante storie. L’amico con cui ormai vivo questi momenti e ci capiamo. Gli altri, fomentati come noi. Le ragazze, sedute, un po’ spaventate dal nostro fomento ma, penso, divertite. Ed eravamo tutti lì, in quel luogo, in quel pub, in quella città che per una fase della mia vita è stata la mia seconda casa. E qui, è stata la seconda prima volta della serata. Sentirsi trafitti da una canzone, interpretata da questi quattro ragazzi.

Non so quale sia stato il razionale dietro a questa scelta, ma mi ha reso sereno. Questa volta non è stato solo staccare, anzi, è stato andare più a fondo e oltre la mia situazione attuale. Trovando una cornice in cui inserire questo anno e mezzo, questo nuovo modo di vivere. Sì, mi porta a soffrire di più, ma sento che sto anche vivendo di più. Facendo piccole cose che per me sono atti che una volta avrei creduto semplicemente impossibili.

Non riesco a trovare un modo di chiudere questi quattro pensieri buttati qui, perchè sto camminando su un sentiero e non ho idea di dove mi porterà. Ma tutte le persone che sto incrociando, con cui sto passando questi momenti, me lo stanno rendendo bellissimo. Nel bene e nel male. Quindi affido ad Antonello Venditti e alle sue parole l’unico modo per dare un senso a tutto questo.

Ho lasciato gli amici, ho perduto l’amore. E quando penso che sia finita, è proprio allora che comincia la salita. Che fantastica storia è la vita.

Decio

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.