Biella Ciao - TheCio

Biella Ciao

  • Biella è una città di cui ci si innamora perché si deve, non perché rapiti dalla sua bellezza ma perché ci si cresce o ci vive il proprio partner.
  • Biella rimane comunque una città di cui è difficile innamorarsi.
  • Biella è la sua regione associata che, se fosse leggermente più piccola, scatenerebbe la fusione nucleare.
  • Biella sono montagne basse ma traditrici, valli strette, foreste buie, pianure afose.
  • Biella è l’umidità che nasconde le montagne anche per settimane di seguito, facendoti dimenticare di non essere veramente circondato da una semisfera plumbea.
  • Biella è grigiore che a volte si squarcia e mostra scorci mozzafiato.
  • Biella è acqua incredibilmente buona, piccoli gioielli gastronomici che finge di voler condividere con il mondo.
  • Biella è acqua, soprattutto: torrenti domati ma non addomesticati, ruscelli nascosti, laghetti e polle a volte neanche segnati, memoria d’acquitrini, pioggia a non finire.
  • Biella sono piccoli borghi medievali e cascine circondate da villette monofamiliari, palazzoni popolari e palazzine neorealiste.
  • Biella è un centro storico che non è il centro città, a sua volta sostanzialmente una vasca olimpionica che al sabato diventa un flipper di interazioni sociali.
  • Biella è quasi equidistante da Torino e Milano, vi perde i suoi migliori talenti da prima che la fuga di cervelli divenisse un concetto di dominio pubblico, eppure non riesce ancora oggi ad avere un collegamento decente con il mondo esterno.
  • Biella è un dialetto chiuso come i suoi abitanti, stridente, saltellante di tonalità.
  • Biella è una riserva naturale per i pochi giovani che ancora si esprimono in biellese, più come argot che come lingua nativa.
  • Biella è anche le legioni in assottigliamento di vecchi che nel Biellese hanno origini secolari, che prima disprezzano e poi accolgono nei propri ranghi i penultimi arrivati, per sputare sugli ultimi arrivati: dai Bergamaschi a cavallo della guerra, ai Veneti, ai Meridionali e tra poco gli Albanesi.
  • Biella è una città post-industriale che ha vissuto un’adolescenza roboante e non vuole accettare di essere invecchiata.
  • Biella è una città più ricca di quanto meriterebbe.
  • Biella è un’aristocrazia che si comporta da parvenu, una classe operaia che non è riuscita ad impadronirsi dei mezzi di produzione prima che venissero spostati in Asia e una piccola borghesia che è misteriosamente il modello di riferimento per entrambi gli estremi.
  • Biella è retorica della lana con un indotto senza un’industria a supporto.
  • Biella è smaccato provincialismo anche nelle proprie aspirazioni cosmopolite.
  • Biella è la provincia a più alto tasso di suicidi d’Italia. Ci sarà una ragione.
  • Biella è tipica cronaca di provincia, ma quella descritta da Lovecraft: una teoria di anziani colti da malore e patenti ritirate inframmezzata da brigatisti in formazione e necrofori necrofili.
  • Biella è parsimonia portata allo stremo, milioni perduti pur di risparmiare pochi centesimi.
  • Biella è la poca voglia di essere associati a Quintino Sella, il quale considererebbe Dijsselbloem uno sporco keynesiano fatto di ecstasy.
  • Biella è anche la dimora dinastica di Amedeo Avogadro, il che non ebbe alcun effetto sui suoi lavori ma che piace sempre ricordare ai forestieri.
  • Biella è pure un curioso apporto alla storia militare di casa Savoia con Pietro Micca, lo sfortunato geniere eletto a martire di una guerra dinastica, le fortificazioni dei minatori andornesi alla battaglia dell’Assietta quarant’anni dopo e infine con l’inventore dei bersaglieri.
  • Biella è terra di maestranze in emigrazione da secoli che tornavano a casa con il gusto dell’estero e, cent’anni prima dei Kevin e Yvonne, portarono nelle proprie valli nomi come Carmen o Nelson.
  • Biella sono anche zone piene di doppi o addirittura tripli cognomi, non per la nobiltà, ma perché l’endogamia era così dilagante che i patronimici a un certo punto non erano più sufficienti per discriminare tra famiglie.
  • Biella sono i soliti locali che fanno arrocco, i soliti ubriachi che pattugliano le solite panchine, le solite lamentele sull’assenza di alcunché di eccitante.
  • Biella è l’impossibilità di trovare cibo straniero che non sia il cinese nipponizzato o il kebab turco-tedesco.
  • Biella sono i vecchi compari con i quali continui a darti appuntamento anche quando ormai non ci vivi più, il caffé in via Italia, il gelato sulle mura del Ricetto, la toma stagionata a forza di imprecazioni in malghe insalubri, i sentieri che percorri con il tuo cane, la nebbia che si trasforma in afa, le gelate, la neve che non arriva mai e quando arriva riesce comunque a fare danni, il turismo sacro di Oropa che richiama anche i mangiapreti più fieri, ammirare tutta la Bassa piemontese dalle montagne.
  • Biella è un rapporto di odio e amore, opprimente quando ci vivi ma dolce nostalgia quando la abbandoni per cercare di costruirti un futuro.
  • Biella è un sputo sulla cartina geografica, “near Turin” ogni volta che ti chiedono da dove vieni, che non offre molto nemmeno a chi si accontenta, paesaggi che emozionano ma non catturano, eppure continui a tornarci. La fortuna di Biella è il marchio che ti imprime nella mente.

Andrea Belluati

A cura di Ospite

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