Buona la prima #2 - TheCio

Buona la prima #2

È davvero un sabato sera come tutti gli altri, voglio dire che stiamo facendo le solite cose che facciamo ogni dannato sabato sera. Matteo dice che qualcuna se la concede, stasera. Io lo guardo e ammicco, gli dico a bassa voce che anche io qualche sigaretta me la fumo, magari dopo, magari con un bicchiere nell’altra mano, che alcool e sigarette vanno d’accordo, il sabato sera. Ci diamo forza l’un l’altro perché abbiamo smesso di fumare, ma lo sappiamo entrambi che sono i vizi a tenerci in vita.
È sabato sera, dunque, Andrea ci raggiunge dopo, vuol dire che arriva a mezzanotte passata, se arriva. Tinti e Jack sono spariti, hanno detto che andavano a pisciare e chi li ha più visti, quei due. Invece Elisa e Lucia sono qua fuori con noi, bevono un cocktail rosso che odora vagamente di frutta, me lo hanno fatto assaggiare e mi ha dato la nausea, così ho pensato di accenderne una per mandare via quel saporaccio di zucchero e fragola. Le guardo ridere e parlare di cosa faranno dopo che si saranno laureate, parlano di curriculum, di cercare lavoro, di aspettative, di famiglia, di vacanze, dei progetti coi loro fidanzati. Io butto giù il fumo, guardo Matteo e ci diamo un’occhiata che vuol dire tutto e niente, poi mi riempio i polmoni di domande e lo sbuffo fuori con violenza dalla bocca, cercando di scacciare anche le perplessità che mi attanagliano lo stomaco, quella dannata morsa che sento in ogni istante della mia vita.
Guardo Elisa e Lucia, dunque. Elisa mi sorride, mi chiede l’accendino. Penso che io di aspettative nella vita non ho poi così tante, che non me ne fregherà un cazzo di quello che farò, di che lavoro avrò, di cosa ne sarà di me. Penso che non mi interessa essere un cittadino, che forse non mi interessa nemmeno così tanto avere un posto di lavoro. Merda, se faccio questi pensieri sono ubriaco, penso. E allora sento l’irrefrenabile bisogno di dare un senso alla serata. Dico: – Che si fottano le otto ore di lavoro, ci rubano l’anima, ci rubano la bellezza, il tempo di vivere la vita.
Mi guardano stranite. A Elisa e Lucia non piace quando sono ubriaco e parto coi miei discorsi noiosi.
Decidono di darmi corda. Lucia dice: – Devi pur lavorare se vuoi comprarti delle cose, è la vita.
Dico: – Non è questo il punto, è che mi fa schifo che le persone pur di non ammettere l’inutilità della vita cerchino di occuparsi. A me l’ambizione lavorativa mi fa schifo.
Elisa ridacchia con Lucia. Dice: – Si, fa tutto schifo come dici tu.
Lucia mi accarezza la testa e mi dà un bacio sulla guancia. Penso a quando lei era innamorata di me in terza liceo e io ero invece un ragazzino che pensava a tutt’altro. Penso che forse ancora oggi sono un ragazzino, che si illude di vivere di pensieri e di ideologia. Penso a quant’è bella stasera Lucia, che è ancora più magra e la frangia le sta benissimo. Penso ai suoi progetti che potrebbero coinvolgere anche me, magari in un altro universo, magari in un’altra vita.
È arrivato Andrea, è arrivato per davvero. Saluta qualche suo amico e si fa largo fra la gente ammassata fuori dal locale, che galleggia in una nuvola di fumo di sigarette e di incertezze sul “cosa fare dopo”.
Andrea abbraccia e bacia Lucia e Elisa, poi saluta Matteo e infine me. Dice: – Daje, tutti dentro che vi offro da bere.
Diciamo tutti in coro: – Bella Andrea.
Spintoniamo un po’ per entrare nel locale. Vedo due ragazze che ballano davanti al dj e un tizio mi viene addosso e mi guarda male. Penso che mi sento fuori luogo, che mi fanno tutti schifo, dal primo all’ultimo. Penso a Beatrice che non mi più risposto su Whatsapp, e io che mi ero illuso di piacerle. Penso che in fondo anche io mi faccio schifo.
Insomma siamo dentro e mi fanno tutti schifo. Tutti tranne Andrea, che saluta il barista e sistema i cinque bicchierini di Tequila sul bancone. Andrea non mi fa schifo, mi suscita solo una grandissima invidia. Perché lui non ci pensa a queste stronzate, alla gente, al lavoro, allo smettere di fumare. Andrea vive e se ne fotte. E ad Andrea va sempre tutto bene.
Ci ritroviamo in fila in quest’ordine: io, Matteo, Lucia, Elisa e in fondo Andrea. Li guardo uno ad uno e realizzo che questi sono miei amici da una vita. Mi commuovo nel pensare che le nostre strade si stanno dividendo ogni giorno che passa. Ma non stasera, che è un sabato come gli altri e siamo tutti al bancone ad alzare quei bicchierini di plastica.
– Alla vostra, – e nel giro di un attimo siamo tutti con una fettina di limone tra le labbra. Elisa ha gli occhi chiusi, Lucia la prende in giro perché l’alcool Elisa proprio non lo regge.
Guardo Andrea che sta al bancone, chiacchiera con una ragazza appena conosciuta. Come cazzo fa, mi dico. Probabilmente se gli va bene se la porta in macchina e se la scopa pure da qualche parte, quell’infame. Cose dell’altro mondo, mi dico.
Usciamo, ho bisogno di aria. Guardo Whatsapp. Beatrice davvero ha davvero deciso di non rispondermi più, ho bisogno di una sigaretta. Ogni pretesto è buono, anche per Matteo che me ne mette una in bocca e mi chiede di accompagnarlo a pisciare, che poi sono tutte scuse, ha solo bisogno di me perché è ubriaco e non ce la fa più, ha bisogno di parlare, perché il dolore ti marcisce dentro se non lo cacci fuori. E questo io e Matteo lo sappiamo bene.
Mi racconta di Francesca, mi dice che sta impazzendo e non riesce a dimenticarla. Gli dico di non pensarci, che un giorno troverà quella giusta. Lo dico a voce alta, finisco per arrabbiarmi per davvero. Alla fine gli dico: – Non possono essere tutte uguali, – consapevole di aver pronunciato quelle parole non solo per lui, ma anche per me stesso. Ci ritroviamo immersi in un silenzio rotto solo dagli schiocchi del fumo che esce dalla mia bocca. Poi gli metto una mano sulla spalla e gli dico: – Senti, vaffanculo, vieni che ti offro da bere e stasera facciamo un delirio io e te.
Lo guardo fare le scale per tornare al locale. Penso che Matteo non mi fa schifo, e nemmeno lo invidio, penso semplicemente che gli voglio bene.
Saliamo e lui mi dice grazie. E io penso che forse questo sabato sera un senso potrà ancora avercelo.

Lorenzo Martinotti

A cura di Lorenzo Martinotti

Musicista - scrittore - studente di lettere. Il resto conta poco.

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