Accettazione
Tutto finisce.
Muore.
Nella vita ho acquisito diverse certezze. Una di esse è che tutto ha un inizio, da qualche parte. E come tale avrà una fine. Nulla rimane per come inizia, segue un procedimento e alla fine sarà qualcosa di inevitabilmente diverso da come è partito.
Nella vita ho sempre cercato certezze, punti fissi ed immutabili e persone che rispettassero questo concetto. Perchè mi faceva comodo rimanere quello che ero, non mettermi in gioco.
Il mio percorso di cambiamento è iniziato circa due anni fa’, con il mio primo tirocinio qui a Milano. Non è facile prendere una strada nuova, diversa. Accettare la fine. Abituarsi ad essa. Sopratutto alla fine di se stessi e di come ci si conosceva bene.
Non avere più certezze, sicurezze. Non sapere come comportarsi. Essere così liberi che sembra di poter scomparire da un momento all’altro, come se una brezza potesse farti scomparire come il rivolo di una sigaretta.
Dopo un anno e mezzo circa dall’inizio del mio viaggio ho intrapreso questo blog. E come tale decido di far tornare quello che è stato per me questo percorso agli altri, raccontando una storia. La mia.
Ci sono molti aspetti del cambiamento e dell’abituarsi ad esso. Del poter accettare con serenità che non si è una statua. Che non vi è nulla scritto nella pietra. Che ci si sbaglia. Che ci si fa del male. Che si può amare ed odiare allo stesso tempo. Che ci si ripromette di non fare qualcosa e poi la si fa comunque. Che si fallirà di nuovo.
Ho scelto dodici di essi. Una volta al mese proverò ad affrontarli e capire cosa significano per me.
Marzo è il mese dell’accettazione.
Mi guardo intorno e vedo come le persone siano state capaci di accettare fatti che sembrano irreali. Narrati di per sè risulterebbero avvenimenti così massivi che nessuno sembrerebbe in grado di poterci fare qualcosa, ne verrebbero schiacciati. Ed invece si ricomincia a camminare, o meglio si reimpara.
Il primo passo verso la serenità è accettare che è tutto finito. Che non ci puoi fare assolutamente nulla. Non dipende da te, non più. Vi sono fatti che semplicemente accadono. Sono tutti discorsi che possono sembrare estramemente semplici e scontati, finchè non te li ritrovi davanti. Quando ti dicono che un tuo parente se ne è andato non c’è cazzata che tiene. Puoi piangere, stare male, ripensare alle ultime parole che ti sei scambiato con lei.
La mia bisnonna. Ho avuto una fortuna non scontata, quella di poterla salutare. In quel momento sapevamo entrambi che ci stavamo salutando, per sempre. Non posso dire di aver avuto la stessa opportunità con altri parenti ed è stato un momento che rimarrà fisso nella mia vita per sempre. Ho visto gli occhi di una persona che si stava approcciando a quella fine, giunta tardi. Eppure era giunta. Per quanto tenacemente potesse essere attaccata alla vita, il momento finale di chiusura del tutto, di questo casino senza senso apparente che chiamiamo vita. Non so se l’avesse accettato o meno per davvero, o facesse finta per lasciarci con quel ricordo. Nelle sue ultime raccomandazioni, nei suoi ultimi saluti venivano racchiuse quelle cose che per lei contavano: lo studio e l’amore. Sapere che mi impegnavo e che qualcuno mi era vicino in questo. Studio che sapeva che presto sarebbe diventato lavoro, amore che sperava che sarebbe diventato per la vita, come ogni nonna spera dei propri nipoti. Figuriamoci una bisnonna.
Io penso di aver accettato che la mia bisnonna Livia sia morta solo recentemente. Mi sembra ieri che mi misurava con il metro e metteva una tacca.
Periodo della maturità: “Non sarò lì con te perchè sai che non posso muovermi, ma pregherò per te.”
Ha sempre pregato per me e per gli altri nipoti. Credo che se le sue preghiere si fossero potute trasformare in energia elettrica, avremmo alimentato almeno il Piemonte per i decenni a venire. Una macchina di rosari.
C’era stato un periodo in cui mi vedeva fuori forma e si preoccupava.
“Ma vai in palestra?”
Con la scusa dello studio dissimulavo.Per lei stava sopra tutto, anche all’amore.
“Sì, ma queste ragazze, non ti tolgono tempo? Riesci a studiare?”
Una serie di ricordi che mi scaldano il cuore. Ho fatto tanta fatica ad accettare che non sia più qui con noi. Però è un dato di fatto e, sopratutto, non posso farci niente.
Nella vita non lascio mai nulla di intentato e quando lo faccio è perchè non mi interessa farlo. Non perchè non creda nei miei mezzi o perchè abbia paura. Per il semplice motivo che non mi risulta più interessare. Provo, tento e ritento. Fino ad arrivare alla dura realtà. Che può essere un no, un addio, un rifiuto o un voto di merda. Solo in quel momento, dopo essermi portato al limite, posso serenamente iniziare ad accettare. Certo, non è bianco o nero. Ci sono giorni in cui mi mangio le mani per non essermi giocato meglio quel colloquio qualche mese fa o altri in cui mi ringrazio per non essermi lasciato fregare dall’ebrezza del momento.
O forse dovrei accettare che i dubbi vengono.
Decio