In questi ultimi cinque anni ho fatto solo una scelta che mi ha veramente cambiato la vita. Sono stato molto fortunato, in quanto ho ricevuto il minor numero di pressioni possibile e ho avuto la libertà e la responsabilità di rendere questa scelta totalmente mia. Mi viene in mente di parlarne ora in quanto penso fosse proprio questo periodo dell’anno in cui decisi di provare economia a Torino e vedere dove mi avrebbe portato.
L’economia, il marketing, l’imprenditorialità, concetti con cui sono nato e cresciuto fin da bambino, mi hanno sempre interessato, ma non sono mai stati la mia passione. I numeri, i grandi numeri, i piccoli numeri. Il calcolare gli effetti e le percentuali, il contare. Ma non erano ciò che mi tiene sveglio la notte e mi fa sentire più vivo.
La musica è la mia passione, i videogiochi, in generale le storie, vere o reali, sono sempre stato ciò che mi scalda il cuore. Su di me la narrativa di una persona, di un politico, di una ragazza ha un effetto molto maggiore che i dati, i numeri o anche l’aspetto esteriore. Insomma, il miglior modo per fregarmi è raccontarmi te stesso, chi sei e perchè fai quello che fai.
Avrei dovuto scegliere altro, mi direbbero i “sognatori”. Quelli alla “Steve Jobs”. Consiglio a tutti la lettura di questo articolo: Gianluca Diegoli – Lavorare nel digitale. Non ripeterò concetti già espressi lì, quello che voglio dire però è che nella vita, quando siamo di fronte a queste tre quattro scelte che ce la cambiano, dobbiamo assurmecene il peso in modo totale e totalizzante.
In questi cinque anni mi sono trovato molte volte in crisi, se questo fosse il percorso giusto per me, se mi avrebbe portato dove volevo arrivare (dove voglio arrivare?), se la scelta del luogo e della facoltà non fosse stata dettata da altri fattori che non fossi solo io (sicuramente, ma in parte) e via dicendo. Dico sempre che i conti si fanno alla fine e mi trovo stranamente in pace con me stesso.
Dubito che nella vita potrò fare soldi scrivendo, cantando o diventando un videogiocatore famoso. Vedo molto probabile invece il diventare uno che sappia fare il suo lavoro in modo decente, assumendosi anche ruoli di responsabilità e portando avanti piani e strategie. Quindi, il mio consiglio non richiesto, è questo: non seguite le vostre passioni. Costruitevi la vostra strada.
Che sia la matura, che sia il cambio di una facoltà, che sia rifare test: fate davvero una scelta basata sulla razionalità. Capite dove siete bravi e buttatevi lì. Le passioni da sole non pagano. Il diventare appassionati di fare qualcosa fatto bene, invece sì. E, oltretutto, spesso e volentieri la passione non coincide con il talento. Citando un saggio “se sei bravo, sali”. E a vent’anni lo sai dove sei bravo e dove no. Per carità, parla quello che ha aperto un blog e ci investe molto del suo tempo libero, ma non penso sinceramente arriverò mai da nessuna parte. Mi basta per sfogare i miei ragionamenti.
Però, davvero. Si diventa appassionati e ci si crea nuove passioni. Ed è meglio farlo dove si è bravi per davvero, che svegliarsi un giorno e trovarsi a mani vuote con solo un sacco di sogni infranti. E, per farvi capire di cosa sto parlando, vi elenco dove non sono stato in grado di combinare nulla e capirete di conseguenza come la mia scelta universitaria alla fine mi abbia, in un certo senso, salvato.
Ho fatto:
1 anno di corso di chitarra ed ero peggio di quanto ho iniziato
6 mesi di basso autodidatta
6 mesi di “provare a cantare in camera da solo senza che nessuno sapesse niente”
intrapreso varie attività sportive e smettere per mancanza di forza di volontà, prestanze fisiche
aperto un sito sui videogiochi che poi è finito
provato ad aprire 1 startup
preso una tessera di un movimento politico che poi è finito nel nulla
provato a far partire 3 gruppi musicali
E altri, penso. Insomma, provare ho provato, non dico che non bisogni, ma almeno sull’università non mi pento. Per niente.