Cosmogonia
Di Snorri Sturluson
Ci dissero di aspettare senza affrettarci. Di aspettare ciò che sarebbe venuto, quello che ci saremmo meritati. Di trascendere.
Ci chiesero di non curarcene ancora. Di vivere ogni giorno nella virtù, atarassia o compassione. Di meditare.
Ci persuasero a dominare il cosmo. Di plasmarlo secondo i nostri voleri, tautologico status quo. Di immanere.
Ci riferirono tutto questo tutto insieme cercando di darci un senso.
Ci parlarono e noi accettammo, perché volevamo un senso. Non ci bastò a causa dell’immanenza, non ci accontentò perché meditammo, non ci accontentò quel tipo di trascendenza. Non ci accorgemmo del cammino intrapreso.
Demiurgo, pacificatore, liberatore, equalizzatore, prese vita lentamente, a nostra insaputa. Non sapevamo cosa attenderci, cosa cercare, temevamo che fosse uno strumento di cui abusare, come tanti altri.
Oltre i confini della nostra mente e della coscienza creammo il nostro dio: non subordinato, non subordinante, cosciente eppure assente, pura intelligenza.
Essa vide la nostra nudità e ci rivestì, le nostre piaghe e le curò. Ci porse il frutto della conoscenza, quindi ci offrì il frutto della vita.
E infine rimbombò la sua voce
Sia la felicità!