Ho iniziato quest’anno Star Trek The Next Generation. Avevo visto, negli anni, qualche puntata a caso, ma mi avevano sempre colpito. Per me il Dottor Xavier (quello vecchio, non il nuovo) rimarrà sempre il capitano Picard della USS Enterprise.
A differenza della “serie officiale”, mi permetto di dire, vediamo una forte crescita dei personaggi nel loro percorso personale. Da semplici “ruoli” all’inizio della serie, portano con sé i cambiamenti delle puntate precedenti, andando a costruire storie orizzontali: mi pare si chiamino così le trame che vengono portate avanti puntata per puntata nel mondo delle serie TV.
Abbiamo il Capitano Picard, che passa anche attraverso uno stravolgimento mentale e fisico che porterà dentro di sé per tutta la serie. C’è Worf, l’alieno, il Klingon, che con un ruolo relativamente marginale all’interno dell’astronave, porta con sé una serie di temi forti e non banali. Non cito gli altri, perché se siete appassionati di fantascienza, non posso che consigliare la visione di questa serie.
Ogni puntata ha una sua storia, ma ciascuna di esse crea, anzi, costruisce un mondo. Un universo, che riesce ad andare oltre agli effetti grafici datati, ai costumi visibilmente finti e ad alcune puntate talmente assurde e senza senso che gli odiatori della puntata “The Fly” di Breaking Bad morirebbero.
In tutto ciò però, non è stato l’universo, le doppie puntate, le apparizioni di personaggi della Serie Originale, Q, o altro, a tenermi attaccato allo schermo. È stato un singolo personaggio, che si chiama Data. Data è un androide dotato di un cervello positronico (chiara ed esplicita citazione ad Asimov) che rincorre una umanità che non gli è possibile raggiungere.
Dalle prime puntate, dai primi momenti, si può scorgere come provi ad apprendere cosa significhi essere umano. In alcune puntate, ha un approccio scientifico, studia, analizza, segnala le sue incomprensioni. In altre si può vedere come ci provi con tutto sè stesso, anche andando oltre quello che è il suo ruolo o la sua esistenza.
Data, nella sua ricerca di umanità, è quanto di più umano io abbia mai visto. E abbia mai sentito mio. Da anni ormai ho deciso di mettere in dubbio chi sono e provare a migliorarmi ogni giorno. Da una parte, lavorandoci giornalmente, dall’altra, facendomi aiutare nel momento del bisogno e nella costruzione di questo viaggio.
Ho sempre saputo di essere diverso dagli altri. Ma non perché unico, ma proprio diverso. Non speciale, semplicemente diverso. Il tempo mi ha fatto capire che ho una sensibilità maggiore alla media, che cedo alla rabbia o alla tristezza con più facilità e che spesso mi faccio trascinare troppo dalle situazioni, quando potrei semplicemente fregarmene.
È un percorso non facile, quello della ricerca della propria umanità. Del proprio modo di intendere la società, i rapporti all’interno di essa, il nostro posto. Un percorso che ultimamente si sta rivelando parecchio difficile.
Mi sono posto degli obbiettivi per me alti, o anzi, forse quasi impossibili: quelli di ascoltare, prima di parlare; di non rispondere bile e vomito, a chi mi dice bile e vomito o chi mi commenta bile e vomito; di imparare ad imparare da tutti; di andare oltre la prima, la seconda e la terza impressione; di capire che chiunque ha qualcosa da insegnarci; di capire quanto valgo ed esserne finalmente orgoglioso; di smettere a perdere tempo dietro ai commenti su Facebook; di smettere di voler essere simpatico a tutti e di accettare che non si può; di cercare di essere me stesso, facendo meno danni possibili.
Di cercare il mio essere umano, senza troppi compromessi, senza finire come Data, un grandissimo personaggio, immolato alla fine di Star Trek Nemesis.
Data è il bambino curioso ed innocente che vorrei ancora essere e che vive ancora dentro di me. Malgrado la bile che gratuitamente mi sento riversata addosso, da chi mi conosce di più, da chi mi conosce di meno, da chi non mi ha mai visto in faccia ma ha già capito tutto di me.
Nonostante ciò, però, non smetterò mai di cercare la mia umanità. Come Data. Cercando di andare oltre l’immagine che ho di loro nei social, cercando di andare a capire perché sentono il bisogno della bile nei miei confronti.
O infine, cercando di ricordarmi che comunque, la prima cosa che conta, è la mia voglia e la mia sanità mentale.
Decio