Di Palle di Neve et alia - TheCio

Di Palle di Neve et alia

Novembre 2019, casa mia. Mi trovo a leggere la bozza del nuovo regolamento del Comune di Biella che dovrebbe andare a “gestire” la sicurezza. Fra le tante tematiche toccate, un sotto-capitolo ha come soggetto le “palle di neve”. Ora, il punto è stato cancellato, ma suonava qualcosa come “vietato tirare le palle di neve agli estranei”.

Lì, leggendolo, in quel momento, mi sono ritrovato bambino. Uno dei pochi momenti (e badate, sono veramente pochi) di cui serbo un ricordo caldo e divertente. Quando arrivava la neve, pure io, trovavo un mio posto a scuola. Non era uno di quei momenti in cui venivo lasciato solo o in disparte (o in cui mi ci mettessi io, da solo). Si iniziava a tirarsi le palle di neve addosso e colpivi tutti, indistintamente. Certo, i tuoi pari, e non andavi a tirarle ai bidelli e ai professori.

Quando si pensa all’infanzia, si guarda già ad essa con uno sguardo di nostalgia “ah, come era facile, ah, come era bello, sì, come stavo bene”. Io, onestamente, no. Non guardo alla mia infanzia (prima dovrei ammettere di aver avuto una infanzia) con uno sguardo di nostalgica malinconia.

Gli anni “più belli” sono venuti dopo, al liceo. Gli anni delle elementari e delle medie, per tanti motivi, sono stati degli anni in cui mi sono sentito fuori. Fuori dalla normalità, fuori dalla norma, fuori dagli schemi. Di quel periodo, alla fine, è rimasta una ed una sola Amicizia. Vuoi perché entrambi siamo un po’ fuori dagli schemi di chi ci è vicino, vuoi per tanti motivi. Certo, qualche bel particolare c’è, ma la mia vita era così complessa e io, così piccolo, che il “provare a capire” cosa stessi vivendo mi ha sempre tenuto un po’ distante dagli altri e forse quella distanza la tenevo anche un po’ io.

Ogni tanto la notte sogno di rivivere quelle amicizie con la testa di oggi, libero dagli spettri che mi perseguitavano in quegli anni, libero da catene la cui maggior parte non erano altro che paranoie mie costruite sul nulla. Forse sarei stato una persona migliore, un bambino migliore. Avrei chiesto meno a me stesso e meno agli altri.

Ogni tanto mi sveglio la notte e mi chiedo se anche chi ormai intravedo ogni tanto ogni tanto si ricorda della neve, dei nascondino e delle battaglie nei boschi di Favaro.

No, non mi manca la mia infanzia. Proprio per niente. Sì, mi mancano un po’ le palle di neve. La spensieratezza di mettersi lì, appallottolare, farne due o tre e poi rincorrere i compagni e le compagne di classe.

Anche ora, scrivendo di quei ricordi, sento un piacevole tepore, simile a quello che provavo tornando a casa, completamente fradicio e freddo, con mia madre che mi intimava di svestirmi e di andare a farmi una doccia calda, facendomi trovare il cambio e una tazza di cioccolata per me.

Ora, sono grande, un “adulto” (sorrido al pensiero). Mi guardo intorno e vedo tanti “adulti” intorno a me, tutti così sicuri, così presi dalle proprie vite, incapaci di mettere ogni tanto in pausa, di prendere un paio di guanti e di tirarsi addosso un paio di palle di neve.

Perché tanto, alla fine, quello che ci tiene al caldo la notte, sono quei piccoli momenti. Non la rabbia, anche se mi piacerebbe. Non il dolore, anche se sarebbe facile. Ma quei piccoli cristalli, unici ed irripetibili.

Decio

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

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