Dr X e Mister Decio - TheCio

Dr X e Mister Decio

Ieri, girando per Milano, mi viene detto questo: “Sai, ho letto il tuo blog. Mi hai stupito. Come Dr Jekyll e Mister Hyde.”

Ho sempre vissuto basandomi sul concetto di opposizione. Un comportamento o era giusto o sbagliato. Una idea o era buona o cattiva. O ero d’accordo o ti sbagliavi. Non c’era una sfumatura, un cercare di vedere il punto di vista di tutti o il giustificare i comportamenti. Dicevo spesso “Capisco, ma non condivido”. O bianco o nero. O amore o odio (anche se mi dicono sempre che il contrario dell’amore è l’indifferenza; non ne sono poi così sicuro).

Da settembre ho preso la decisione di iniziare un percorso di scoperta di me stesso. Se l’anno scorso il problema maggiore era l’ansia del dopo laurea, ora mi ritrovo stranamente rilassato. Darò gli esami, come ho sempre fatto. Qualcosa da fare troverò. Ho deciso che voglio lanciarmi nel mondo del Marketing. Ma se il destino mi riseverà altro, mi lamenterò ma mi metterò sotto. Nel frattempo scrivo. Il tutto senza ansie, perchè è cambiato il modello di paragone. Vivevo, anzi “vivevo”, sempre con un’ansia di paragonarmi a tutti i miei simili: che fossero il mio coinquilino, i miei compagni di corso o i miei amici. Ogni tanto questa asfissia mi prende ancora, strozzandomi e bloccandomi.

Poi, pian piano, son giunto alla conclusione che se con qualcuno mi devo paragonare, devo cercarlo nel me stesso di ieri, come già detto più volte in queste pagine.

La paura dell’ipocrisia, della contraddizione. Non avete idea (o forse l’avete benissimo, ed è il motivo per cui siete capitati fra queste insulse righe) di che cosa sia non riuscire a chiudere occhio per un proprio comportamento in contraddizione con quanto si dice. O delle giustificazioni mentali complicatissime. Per esempio il mio primo tatuaggio. Sono sempre stato un po’ un palinculo sul discorso tatuaggi.

“E poi da vecchio?” “E se poi si vede?” “E anche se non si vede, a me darebbe fastidio assumere un tatuato” e via dicendo. Le dicevo davvero queste cose, non per finta. E in parte un po’ di preoccupazione quando vedo il mio arriva. Poi mi son ricordato che è sempre stato un mio desiderio nascosto. Che era giunto il momento di ricordare a me stesso chi sono.

Quando avevo diciassette anni ed ero molto insicuro di me (non che ora lo sia, ma lo ero di più) solevo ricordarmi questa frase prima di ogni grande “sfida”.

“Sono Decio, rogue di livello 70 che ti apre il culo in PvP. Ufficiale della gilda di World of Warcraft Ravenlords.”

Mi gasava questa mia identità e tutto quello che ne conseguiva, il fatto che nonostante dedicando tanto tempo ai videogochi riuscissi comunque a fare tutto quello che dovevo fare. Non nel modo migliore, certo, ma anche lì, troppo facile fare le cose nel modo migliore. Devo sempre dimostrare a me stesso che sono bravo, anche ponendomi da solo ostacoli sul cammino. Basterebbe iniziare a studiare una settimana prima, basterebbe seguire bene le lezioni e prendere appunti e via dicendo.

Stranamente l’identità di Decio mi rendeva me stesso, nel senso che era comunque un nome, un qualcosa di preciso ma al contempo profondo. Col tempo persi quel modo di vivere e inziai a ripetermi che ero un qualcosa. “Io sono un bravo studente, io sono uno studente di economia, io sono un bravo figlio, io sono un bravo fidanzato, io sono un membro attivo della comunità.” Dio che ansia. Anzi, era un “io devo essere” non un io sono. Così Decio svaniva e diventavo/provavo a diventare tutte quelle persone. Con la contraddizione di un sistema che non mi piace ma che perpetro con i miei studi ed il lavoro che farò. Contraddizione non risolvibile e che avrei dovuto limitarmi ad accettare, come ho fatto adesso.

Così scompariva Luca, scompariva Decio e rimanevano questi personaggi che tiravo fuori nei vari contesti. Dimenticandomi chi ero, che cosa volessi io. Certo, il bravo studente vuole laurearsi bene, il bravo figlio non vuole dare preoccupazioni ai genitori e via dicendo. Anche se io non avevo così tanta voglia di studiare (infatti non mi sono mai preparato in anticipo e non penso inizierò ora), come il bravo figlio ogni tanto litigava per delle cazzate quando sarebbe bastato essere sinceri a se stessi.

Arriviamo a settembre. Mi rendo conto dopo un’estate vissuta senza porsi molti problemi etico filosofici che è arrivata l’ora di guardarsi dentro e capire un po’ chi siamo. Così decido di farmi un tatuaggio che rappresenti chi sono a me stesso, che me lo ricordi. O almeno una parte di me, ecco.

Inizio a capire che ogni tanto non è necessario comportarsi nel modo migliore, che devo capire cosa voglio fare io, che le parole ipocrisia e contraddizione fanno parte di chi è un po’ invidioso di come le persone siano capaci di concedersi il fare quello che si vuole senza conseguenze sul proprio sonno.

Ero così vicino dal ritornare al vivermi come un personaggio monodimensionale che l’ho scampata per un pelo. Tra la palestra, le discoteche e i discorsi del cazzo che mi facevo stavo creando una specie di caricatura del me single, col cuore gelido incapace di innamorarsi anche solo per quindici secondi di uno sguardo una sera ad un concerto. Un finto me, un altro, come se non ne avessi avuto abbastanza in tutti questi anni.

Così scrivo, butto giù, leggo. Però mi rendo conto che sono ancora tanto bloccato nel mio essere. Che se scrivo tutte queste riflessioni, faccio fatica a essere in quel modo. Non mi è naturale essere totalmente me stesso. Ho paura di non venir accettato, di esser lasciato in disparte, da solo. Sempre a pensare al giudizio degli altri. Sospirando ad uno schermo di telefono, pensando e ripensando a quello che ho scritto.

Così qui sono Mr Decio, nella realtà Doctor X. O semplicemente, sono io. Senza tante definizioni.

Decio

Do I contradict myself? Very well, then I contradict myself, I am large, I contain multitudes.

Walt Whitman

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

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