Giovani, belli e ribelli. Parte ultima e terza. - TheCio

Giovani, belli e ribelli. Parte ultima e terza.

Ieri sera l’idea di scrivere una cosa a tre mi sembrava geniale. Forse perchè c’è qualche richiamo alla sessualità.
Oggi, l’idea di scrivere una cosa a tre mi fa abbastanza paura. Soprattutto perchè sono l’ultimo dei tre e questo implica il dover riconoscere la parziale completezza (gli ossimori sono sexy) di Decio e Lore, le altre due voci che prima di me hanno raccontato il nostro sabato sera.
Da una parte, Decio ha già provveduto a raccontare gli eventi. Dall’altra, Lore ha cercato di spiegarli.
Ma come avrete capito, non sono bravo in queste due cose. Come non sono bravo a parlare di vera realtà. Di solito finisco col costruirne una mia, così posso evitare la seccatura (e la difficoltà) di dovermi riferire a eventi e persone reali.
Questa volta non si scappa e, cercando di essere il più breve possibile, ecco la mia parte. Col senno di poi avrei forse dovuto concentrarmi di più sulle persone e le cose che avevo intorno. Forse dovevo dire di più. Ma come vi ho detto, certe cose proprio non mi riescono.

Appoggio il bicchiere sul tavolo e alzo lo sguardo. Il secondo Negroni comincia a scaldarmi piacevolmente lo stomaco, le dita iniziano a vibrare dolcemente e i polpastrelli perdono sensibilità. Ceci, l’unica donna tra noi sei, sta guardando il cellulare. Mi chiedo cosa si provi ad essere sola con altri cinque uomini. Non ne ho idea. In fondo non la conosco così bene. E ad essere onesti non conosco bene nessuno dei presenti. Eppure compongono tessere della mia vita da molti anni, per un motivo o per l’altro. Ma di loro una cosa la so:
mentre parliamo e scivoliamo tra gli argomenti, vedo piccole luci nascere ed esplodere nei loro occhi. Non è semplice interesse, è qualcosa di più. Sono convinto che, più o meno, tutte le persone attorno a questo tavolo percepiscano la realtà allo stesso modo. In poche parole, tutti e sei “sentiamo” le stesse cose. O almeno cose simili. Abbiamo in comune i nostri filtri, vetrate colorate tra la nostra coscienza e la concretezza delle cose. Mi chiedo se quelle scintille animino anche il mio volto.
Afferro la birra che il barista mi sta porgendo. 33Cl, 5 Euro. Fuori, le voci di tutti si mischiano in un solo grande grido.
Sono stato pigro e codardo per buona parte della mia vita, lo riconosco. Con molta sicurezza potrei dire che lo sono tutt’ora. Ma questa sera mi guardo attorno e voglio. Voglio tutto.
Voglio le facce sconosciute, voglio le parole urlate e appese sopra le teste di tutti e, soprattutto, voglio questo me. E ne voglio sempre di più.
Quando rientrerò a casa, il me che conosco tornerà lo stesso di sempre e sarà ben lontano dall’essermi amico. Voglio il più possibile, fino ad allora.
Mi chiedo se anche loro pensino queste cose. Mi chiedo se anche loro si stiano ponendo le mie stesse domande. Mi chiedo se ha veramente importanza. In fondo, non mi basta percepire come percipiscono loro?
Della Moretti del kebabbaro (notevolmente più economica) tiro giù qualche sorso e ne lancio il resto contro il muro. È una cosa che non ho mai fatto. E come non ho mai lanciato una bottiglia piena, non ho fatto molte cose. Probabilmente per la stessa pigrizia e paura per cui non ho mai voluto veramente. Il mio solito singhiozzo comincia e bussare allo sterno, prima sommessamente, poi prendendolo a calci e pugni. Questo è il segnale.
Mi piacerebbe poter dire che ieri sera è stata una ricerca antropologica nelle bassezze di Riva ma la realtà è che due Negroni non bastano a farci sentire meno soli. Non basta ballare stretto a qualcuno o sentirci chiamare e spogliare. Non basta neanche sentirci mancati.
Soltanto quando “sentiamo” assieme, noi non siamo soli.

Emanuele Ferraris

A cura di Emanuele Ferraris

Mi piacciono la musica, le droghe leggere ed evitare le mie responsabilità.

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