Gruppo di sostegno per ragazzi single, prima riunione parte 1 - TheCio

Gruppo di sostegno per ragazzi single, prima riunione parte 1

Questa è una raccolta romanzata di quello che viene detto al gruppo di sostegno da cui faccio parte. Tutti i partecipanti e il gestore del gruppo si sono trovati d’accordo quando ho chiesto se potevo mettere per iscritto le nostre riflessioni e discussioni. Iniziamo.

Oggi vado per la prima volta al gruppo di sostegno “Ragazzi single”.

All’inizio pensavo fosse una brutta presa in giro e oltretutto mi chiedevo chi diamine avesse il coraggio di presentarsi ad una cosa del genere. Invece arrivo e siamo circa una decina. La prima regola dei “Ragazzi single” è il doversi dare un soprannome ironico. Io per me ho scelto “Emo”.

Mi guardo intorno, siamo nella più classica delle situazioni. Un cerchio di sedie. Intorno a me, un range di uomini che va dai venti ai sessanta anni. C’è chi è sicuro di sé, chi si guarda intorno spaventato, chi guarda un punto fisso nel muro sperando gli dia qualche risposta. E poi ci sono io, con il cuore che batte e il cervello che gli chiede “sei proprio sicuro?”.

Nessuno dei miei amici né tantomeno dei familiari è a conoscenza del fatto che io mi trovi qui. Per loro sto andando a correre. Il vivere a Milano poi mi facilita nel poter prendere parte ad attività che normalmente mi sembrerebbero, beh, sceme. Mi immagino i possibili commenti: “Ma che sei frocio?” “Guarda che basta che con le tipe fai così e cosa e suppergiù” “VAI PROVACI BUTTAGLIELO”. Sarà, ma secondo me le dinamiche dei gruppi di maschi non cambiano con il tempo. Forse le mie amiche non la prenderebbero così, ma non ne voglio parlare comunque con loro.

Inizia a parlare Marco, il gestore del gruppo. L’unico, ovviamente, che si fa chiamare con il suo vero nome.

“Buonasera a tutti. Spero che abbiate passato una buona settimana e non vi siate cacciati in troppi casini. Vedo una faccia nuova, “Emo”, giusto? Ti va di presentarti?”

“Ehm. Ok.”

Mi alzo. La più classica delle scene.

“Ciao a tutti. Ho scelto Emo come soprannome perché sono una persona emotiva e il mio modo di relazionarmi con le donne è rimasto fermo a quando avevo diciassette anni. Intorno a me sono tutti cresciuti, invece io mi son svegliato un pomeriggio a ventidue anni senza avere la più pallida idea di come gestire il mio modo di relazionarmi con l’altra metà del mondo. O, visto che siamo in un luogo sicuro, anche con altri ragazzi. Penso di essere bisessuale ma non ho ancora avuto modo di capirlo. Ormai è due mesi che combino casini. Perdo opportunità, prendo cantonate, non capisco che fare, mi confondo. Insomma, una merda.”

Inizia a scendermi qualche lacrima, me ne frego.

“La cosa che dell’essere single mi fa più male è la mia incapacità di stare da solo. Devo sempre pensare a qualcuno, non riesco a non provarci. Trovo estremamente fastidioso il non capire se le persone siano interessate a me e di che tipo sia questo interesse.

Sono venuto qui perché voglio imparare a stare da solo e a trovare qualcuno non perché ho paura di stare da solo, ma perché quel qualcuno migliorerebbe la mia vita. Non qualcuno a caso, quel qualcuno. E poi questa aria di depresso perennemente innamorato di non so chi è radioattiva per gli incontri occasionali. Che ho intenzione di avere.”

Mi siedo. Ok, il peso sulle spalle si è lievemente attenuato.

Prende la parola MDF.

Mdf è il classico hipster di trent’anni. Barba, tatuaggi, occhialoni, gilet di pelle, jeans stretti in cui non ci entra neanche il portafoglio. Mi sono sempre chiesto come facciano a vivere con quei pantaloni così stretti. Ma il pacco non gli dà fastidio?

“Ciao Emo, io sono MDF. Penso che tu sappia cosa voglia dire l’acronimo. Mi trovo in una situazione simile alla tua e, non per girare il coltello nella piaga, penso di avere un pochino di successo in più con le donne di te. Ma sai una cosa? Non cambia nulla. Veramente. Puoi portartene a letto quante ne vuoi, anche più di una allo stesso tempo…”

-nel frattempo lo mando affanculo più volte mentalmente, son sei mesi che mi trovo nel deserto del Sahara e questo per fare il simpatico empatico mi dice che tromba più di me e, anzi, non solo, ne tromba più di una allo stesso tempo. Ma sai che cosa, ma vaffanculo! Vabbè, continuiamo ad ascoltare-

“Però credimi. Continuerai a sentirti solo. Posso dirti, dato che ho iniziato questo percorso di consapevolezza prima di te, che hai fatto la scelta giusta. Il punto è che nella tua vita ci sei tu, conti tu. Non devi avere una solidità in un’altra persona, devi essere solido tu stesso. Sennò quando quella persona sbaglierà, cosa farai? Quando lei o lui avranno bisogno di te, non ci sarai perché non riuscirai a dare quello che hai ricevuto. Allo stesso tempo potresti rischiare di diventare l’universo per una persona, senza però essere diventato tu stesso il tuo centro di gravità. Non sei solo in questo cammino.”

Applausone. Dai, è meno cretino di quanto possa sembrare.

Decido di ascoltare. Per essere la prima volta che vengo, mi sento abbastanza esposto. Non voglio esagerare, già sarò a pezzi dopo la mia presentazione, qualche energia mentale meglio tenerla da parte.

Marco: “Bene, grazie MDF per aver accolto Emo nel gruppo. Allora, oggi volevo parlare del primo approccio. Come lo fate e soprattutto, perché lo fate?”

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

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