Il cuore della foresta - TheCio

Il cuore della foresta

 

Dove tutto è iniziato. Le piante più antiche. Dove il sottobosco non esiste, soffocato dagli alti rami che bloccano ogni singolo raggio di sole. Ogni tanto uno sparuto e singolo spiraglio si apre e allora Apollo lancia il suo strale e colpisce per terra, in quell’aria magica e fatata. Un silenzio ogni tanto interrotto da qualche animale che, passando di lì, si ferma e rispetta la sacralità.

No, non lo trovi la prima volta che ti affacci alla foresta. Devi faticare. Girare. Perderti in essa. Non lo troverai la prima volta, forse neanche la seconda. Se non lo trovi la terza allora lascia perdere. Gli alberi, se sarai accettato, ti ci porteranno. E la pioggia. Piccoli dardi che colpiranno ogni parte di te. Più ti avvicinerai al nucleo, meno verrai bagnato da quelle piccole lacrime.

Con che arroganza poi tu, o Calliope, ti recherai a incidere il tuo nome su quell’albero? Dopo esser stata accettata nel sancta sanctorum della natura, null’altro hai saputo fare che prendere una piccola roccia e trascrivere sulle fondamenta di quella radura i caratteri che compongono quel disgraziato vocabolo con cui tua madre ti chiamava dall’uscio di casa all’ora di cena?

Tanta fatica hai fatto, tu che hai una voce così bella, e hai buttato tutto. Non hai potuto fare a meno di dover lasciare traccia di te, inconsapevole che in quel luogo sacro anche semplicemente i tuoi piedi leggeri avevano già impresso la tua essenza nella vita e nella storia. A te non bastava. Hai dovuto cercare uno strumento per importi sull’ordine naturale delle cose. Così, prima che potessi guardare e rimirare la tua profanazione, ti sei ritrovata ai limiti della foresta. Incredula. Non ti importava che non saresti mai più riuscita a ritrovare il cuore della foresta.

Calliope.

Di quella foresta è rimasto solo quel grande faggio. Solo. Nel cortile di una grande multinazionale. Dove una volta le libellule volavano libere nel ruscello che scorreva a sinistra di quella grande pianta, ora vi è una fontanella artificiale. Un giardino zen ha sostituito quello spazio una volta occupato da un grande pino.

Lui decise di non buttare giù quell’albero. Forse quelle lettere greche lo avevano colpito e stranito. Cosa diamine ci facevano dentro una foresta? Quel terreno apparteneva alla sua famiglia da così tanto tempo. Aveva deciso di costruire lì, nel luogo più antico, il quartier generale della sua multinazionale. Non capiva se le energie del luogo, il suo essere completamente isolato e protetto da kilometri di verde o l’odore l’avesse colpito.

Sapeva solo che quel faggio doveva rimanere. Ad imperitura memoria.

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

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