Io e la Febbre - TheCio

Io e la Febbre

Ciclicamente l’essere di sesso maschile si trova a dover affrontare una grande sfida: la febbre. Può essere influenza, una forte tosse, un raffreddore che non se ne va o qualche lineetta per il freddo. Certo, ora a 25 anni riesco a gestire pienamente in autonomia post-sbronze (con un po’ di Energade e Coca Cola), scazzi sul lavoro (con qualche bestemmia e urlo) e, quando mi gira bene, anche le liti sui social. Ma la febbre no, quella rimane la mia più grande nemica.
Si inizia con quel brivido che non è provocato né dalla vittoria su un videogioco o dal sorriso della tua morosa, ma da una qualche strana forza esterna. Il mio corpo inizia a segnalarmi che qualcosa non va.


Allora io, pensando di essere intelligente, mi metto a letto e provo a combattere questo sentimento di malessere diffuso trasformandomi in una larva umana. Ovviamente questa è un po’ una iperbole, sui social girano tante di quelle immagini sugli uomini e la loro gestione di un semplice raffreddore che ogni tanto ci si chiede se la società occidentale si meriti una naturale estinzione. Fermo restando questo, trovo che comunque la sensazione di perdere lucidità, di non poter più uscire e fare le attività quotidiane sia qualcosa di estremamente tediante.
Dove eravamo? Ah già, nel letto. Sì, questo in realtà è lo stadio che, assieme al delirio febbricitante, preferisco. Sei lì, non hai ancora la febbre, ma ti senti già giustificato con il mondo a non rispondere più al telefono e a darti del tempo a te stesso. Magari leggo due pagine di un libro, continuo quella serie che avevo lasciato in sospeso o, come in questo momento, mi metto a scrivere. Sto abbastanza bene per poter ancora fare quelle cose basilari, ma non ancora troppo male per chiedermi se supererò la notte.


Ad un certo punto, se il riposo non basta, ecco che arriva quella piccola febbre. Ebbene sì, io misuro la mia febbre come i bambini, con un bel termometro dove non batte il sole. Facile, veloce, e scevro di errori. Tre numeri, una virgola: 37,8. Questo è il mio limite della febbre, da qui in poi inizia la grande esperienza.
Scendo, corro da mia madre, la guardo con gli occhi disperati di chi non sa più dove sono le medicine in casa, e vengo scortato all’armadio delle medicine, da cui tira fuori il rimedio per ogni situazione. Potrò avere 25, 35, o 45 anni ma credo che in queste cose la seconda opinione della mamma rimarrà sempre un fattore fondamentale. Tutto questo accade in mancanza della mia droga preferita: Tachifludec.
Giuro, non sono pagato per scrivere quanto segue.
Per me prendere il Tachifludec è una esperienza mistica. Mi elevo dal mio corpo e inizio a vagare, cullato dai suoi principi attivi. L’acqua, calda, caldissima, riempie il mio corpo e porta con sé quell’aroma di miele e limone. Ogni minuto che passa la coscienza mi abbandona. Ovviamente, questo se preso a casa, sotto le coperte, al caldo, da solo o in compagnia di qualche persona cara.
Se mi trovo al lavoro, diventa la mia Red Bull, il mio carburante per quelle quattro, cinque ore rimanenti alla chiusura della giornata.
Credo che il 75% di quello che sento sia l’effetto Placebo, ma non me ne frega assolutamente niente. Nella mia testa la Febbre equivale a Tachifludec, quindi non è poi così male.


Alla fine, però, l’ultimo stadio. La febbre alta. La febbre vera, quella per cui si deve correre dal medico. Ti svegli alle quattro del mattino e niente appare più bello e rilassante, la testa pulsa, brividi allucinanti percorrono il tuo corpo, i denti che sbattono. Sai che una febbre a 39, 39.5 non equivale alla morte ma non hai più il controllo dei tuoi pensieri, e così, da sveglio, la tua testa parte e non sei più al comando.
In realtà, i confini fra veglia e sonno si assottigliano, fino a che non arriva qualcuno a vedere come stai, se sei fortunato, o fino a che la razionalità non prende il sopravvento e, in un modo o nell’altro, imbottitito di Tachipirina e maglioni pesanti, ti dirigi dal medico.
Quelle notti sono terribili, e, in realtà, dei momenti meravigliosi. Non hai più il controllo di niente, passi da essere sveglio e lucidissimo a chiederti se la realtà intorno a te è la stessa. Lì ho avuto le mie più grandi rivelazioni, su me stesso e sugli altri. Lì, nella febbre, ho preso le mie più grandi decisioni. Pare brutto da scrivere e da leggere, ma quando non stai bene, ti accorgi cosa conta per te davvero. Quali sono le tue vere preoccupazioni, di cosa si popolano le tue visioni da febbricitante.
In quei momenti capisci chi vuoi davvero al tuo fianco e per chi ti sbatti davvero, anche solo per mandare un sorriso, un cuoricino o un “come stai”.


Poi, dopo quel terribile viaggio onirico e reale dovuto allo stato febbricitante, arriva la lucidità.
Ti alzi, una mattina, finalmente libero da quel malessere e pienamente in possesso di tutte le tue capacità. Un nuovo giorno inizia e le sudate hanno distrutto le ansie, le preoccupazioni, tutto quel gigantesco castello di carte che ci costruiamo in testa quando siamo “sani”.
Febbre, unica e vera bonificatrice di menti.
Decio

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

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