Joji chiude la porta dietro di sé.
Appena appoggia la testa sul cuscino, lo statico silenzio della stanza diventa un chiasso assordante, roba talmente forte da farti piangere.
“Qua ci resto sordo” pensa Joji mentre si asciuga una lacrima, “Da domani metto i tappi”. Ma intanto il rumore continua e come quando si cercano figure nascoste nelle immagini, lui cerca voci nella confusione delle sue orecchie. Quando finalmente trova quella che voleva si addormenta. Sogna di scopare con la sua ex, ma non riesce a guardarla in faccia. Non ci sono le forme, il seno o i fianchi, quindi forse sarebbe meglio dire che sogna di scopare con l’idea della sua ex.
La mattina, quando si sveglia, afferra gli occhiali dal comodino, abbandonati sopra a I Fratelli Karamazov. Ha cominciato a leggerlo mesi fa, non l’ha mai finito. Si infila una maglietta addosso e strisciando i piedi si porta in cucina. Accende svogliatamente il bollitore, butta due uova in una padella. Poi si infila due fette di pane tostato in bocca e rovescia una delle uova per terra.
Apre la bocca e la lascia sospesa così per qualche secondo. “Fin qua va tutto bene”, dice. Sentire la sua voce riverberare nella casa vuota lo spaventa. Prova a mettere un po’ di musica dal computer che ha sul tavolo ma la toglie subito, infastidito dall’effetto sui timpani stanchi.
Mentre fa i piatti, uno strato scivoloso di sapone si ficca tra i suoi polpastrelli e la tazza gialla.
Lascia che una bestemmia si infili tra le fessure dei suoi denti stretti mentre ripulisce il lavandino dai cocci. Macchia di sangue la spugna ma non ci fa troppo caso. Infine si medica il dito tagliato, si abbandona sulla poltrona e attende neanche lui sa bene cosa. Se qualcuno entrasse nella stanza e lo vedesse così probabilmente chiederebbe “Che fai?”. Allora lui senza muovere lo sguardo risponderebbe “Niente, aspetto che qualcosa accada”. Ha vissuto gli ultimi mesi così, guardando gli eventi e niente più. Joji è sempre stato un osservatore attento ai dettagli, certo, ma non riesce ad agire. Alle volte si immagina fermo, sdraiato su un prato con lo sguardo in su. E si immagina di stare in questa posizione per tutto il giorno. “Ah, che paradiso sarebbe” si ripete ogni volta che ci pensa, “tutto il giorno a guardar su, e non un singolo minuto speso. Solo minuti buttati, per il piacere di buttarli”.
Una volta, la ex di Joji gli ha detto che non valutava abbastanza il tempo. Lui si era immaginato soppesare sulla mano un sacchettino di juta, con tanto di orologio stilizzato stampato sopra. La cosa lo aveva divertito.
Ma ora, su quella poltrona, Joji sa che il suo problema è esattamente l’opposto. Nella sua testa il tempo è una moneta preziosissima, inestimabile; va investito o buttato perchè spenderlo è volgare.
Ma Joji non ha la capacità e la lungimiranza per diventare un imprenditore del tempo.
Quindi, oggi, Joji butta via il suo tempo.