La fortezza della solitudine - TheCio

La fortezza della solitudine

Nel silenzio del ghiaccio atterro. Mi guardo intorno. Il nulla. Apro la porta. Mi tolgo gli occhiali. Massaggio gli occhi. Sono stanco. Sono solo.

Ho lasciato ogni mezzo di comunicazione a casa.

Non voglio più tornare nella civiltà. Per tutti sono morto un pomeriggio di Novembre. Hanno vinto loro, mi hanno sconfitto. Il resto della squadra si riprenderà dalla mia dipartita e arginerà i danni, ne sono sicuro. Non hanno bisogno di me, non lo hanno mai avuto. Il ruolo di leader dettato dal caso, dalla poca voglia degli altri di prendere la situazione in mano.

Non provo più nulla da troppo tempo.

Tutto così fermo. Minuti che durano ore. L’unica cosa che mi fa compagnia è il mio simulacro. Mi porta in giro. Gli faccio fare esercizi per tenerlo vivo e attivo. Uno spettro in un corpo di carne e metallo. Non avete idea di quante volte ho provato a farla finita, ma sapete, nessuno è in grado di farmi fuori. Neppure mi buttassero nel sole.

Sono troppo forte per morire. Anche per volontà mia.

Ho finito le lacrime. Credevo fosse impossibile, ma il tempo tiranno mi ha portato via pure quelle. Ogni tanto il bastardo torna con il carico di ricordi che non vorrei avere, di verità non dette, amore non amato. Anni passati in una nebbia senza che riuscissi a capire cosa stava succedendo. Almeno in quei momenti qualcosa provavo.

Ora niente. Solo un freddo combattuto dal caldo del mio corpo.

Nessuna sostanza mi ha dato una mano. E le ho provate. Ma sono rimasto nello stesso stato mentale di nulla. Nulla di vero, nulla di vivo dietro ai miei occhi. Un fardello solo mio, qualche giorno grande, altri grandissimo. Se prima potevo dire di essere ogni tanto felice, oggi posso dire di sentire ogni tanto la parvenza di un dolore vicino al cuore. Non nel cuore, spostato lievemente in alto a destra. Una fitta forte se ripenso a tutto quello che ho passato.

Le scelte, lo schivare i propri problemi. Non importa quanto corri, il destino ti addenterà.

Mi dicevano che sarebbe passato, che col passare degli anni avrei ripreso ad essere quello che ero. Dovevo distrarmi, vivere. Come può vivere qualcosa che è fondamentalmente morto? La vita ordinaria di ogni giorno, la vita straordinaria di ogni notte, a fianco dei miei alleati. Tutto uguale nella sua diversità. L’essere conscio che il mio problema è un problema del cazzo. Ma è il MIO problema del cazzo.

Dignità che più passava il tempo, più andava perduta. Cosa non facevo pur di non sentirmi solo.

Il valzer delle emozioni: da un lento con il dolore, sono passato a pogare con la rabbia, a fare un valzer con una tristezza fino a smettere di ballare. Ho creduto di poter ricominciare, ma son stati tutti vani miraggi. Ad un uomo assetato anche un po’ di umidità può dare sollievo, benchè non si riesca a bere. Come Tantalo più mi avvicinavo al contatto, più esso mi rifuggiva.

Incapace, con uno sguardo troppo carico della mia vita, ho fatto scappare chi anche solo volesse avvicinarsi.

Ora, qui ed ora sono in queste mura di ghiaccio. Solo. Pensavo che dopo l’operazione tutto sarebbe tornato come prima. Gli innesti avrebbero dovuto darmi una mano. Invece mi avevano reso ancora più cinico ed inumano di prima. Non lo credevo possibile ed invece eccomi qui: un abominio di carne e metallo. Potentissimo ma debolissimo. Purtroppo il cuore ancora umano è.

Un paio di parole, un silenzio assordante.

Mi chiedo se quello che provassi prima dell’operazione fosse vero. Perchè è cambiato tutto? Perchè ho smesso di amarla e ha smesso di amarmi? Perchè il sogno che avevamo si è infranto davanti a questa onda che è stata il mio cambiamento? Avrei potuto rinunciare. Avrei potuto perdere i poteri, ma non ho voluto. Ho voluto scommettere e mettere in pericolo la lieve rete di relazioni che avevo costruito. Non sarei morto, sarei solo rimasto e tornato ad essere un comune essere umano.

Non ho mai voluto esserlo. La paura dell’anoniminità. Dell’essere un altro numero.

Ho scommesso. Ho vinto o ho perso? Ero felice prima o no? Eravamo ad un tavolo io, il futuro, il passato e lei. Abbiamo bluffato, chi ha vinto? Chi se ne è andato col malloppo? Di sicuro ho perso qualcosa. La mia capacità di sentire. Mi è rimasto un mucchio di roba con cui non so proprio cosa farci. Un insieme di circuiti e vene. Ecco cosa sono.

Il pinnacolo dell’evoluzione umana, il successivo gradino dopo la vita e la morte.

Così sono qui, nella mia fortezza della solitudine. Ho chiuso con tutto e tutti. Non ho più neanche bisogno di sostentarmi. Posso passare il resto dell’esistenza dell’universo qui, a compatirmi e a fare flessioni. Solo. Perchè se esco cerco negli occhi degli altri una comprensione che non arriva. Sogni di amori nuovi che non riescono ad oltrepassare le barriere metalliche. Baci di cui non ricordo nemmeno il sapore. Odore di capelli che mi sembra essere un puzzo stantio.

Perchè mi sto chiudendo qui dentro?

Non siamo forse fatti per vivere? Per tentare, per aprirci? La vita va oltre ad un semplice evento. Col pensiero vado alle vite di chi mi sta intorno e vedo come, nonostante tutto, sono stati capaci di proseguire senza perdere la speranza e chiudersi, come sto facendo io ora. Sarà che ho sempre avuto in me quella consapevolezza che la felicità è flebile, che non me la merito, che non ne sono destinato. Che ho paura di perdere tutto quello per cui ho combattuto.

Così preferisco abbandonarlo prima di venir abbandonato.

Sono solo cinque minuti che mi trovo qui dentro. La temperatura del mio corpo sta raggiungendo livelli troppo alti. Inizio a prendere a pugni le mura. Chilometri di ghiaccio iniziano a tremare. TUM, TUM. Continuo a farlo, incredulo dell’origine di tutta questa forza. Non mi fermo e appaiono le crepe. Non capisco perchè lo sto facendo ma decido di continuare. I pugni non si fermano. I miei servomeccanismi mi spingono oltre il limite.

Crolla tutto.

Prima che me ne accorga, sono tutti qui. Increduli.

Mi metto a piangere.

Mi scuso.

Si arrabbiano. Uno mi prende a calci. L’altra mi insulta. Un altro mi lancia una birra.

Continuo a piangere.

Sì, forse se riesco a piangere da qualche parte ci sarà qualcuno con cui essere felice. E forse amare.

Decio

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

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