Da qualche anno è stata creata questa espressione. La cosiddetta “zona amico”.
Anche conosciuta come “ti vedo solo come un amico”, “sei come un fratello”, “non sei tu sono io” e altre espressioni. Con il tempo è diventata parte del linguaggio colloquiale.
“Oh ma Marta?”
“Eh zi, m’ha friendzonato male!”
Tralasciando per un momento le possibili cause del rifiuto e tutta la “letteratura” a riguardo esistente, mi vorrei concentrare un attimo sulla non esistenza di questa suddetta zona, o meglio nelle modalità per cui viene interpretata.
La “friendzone” viene vissuta al mondo d’oggi come un qualcosa da evitare, da rifuggire, quasi a chiarire subito “eh no, io non voglio essere solo tuo amico”/ “non sto cercando una amicizia”.
In questi anni di avventure da single, tralasciando tutte le dinamiche post fine relazione e concentrandomi proprio sulla singlitudine come stato mentale, mi sono scontrato spesso con questa definizione e questa zona.
Con il tempo e creandomi uno storico di un mondo a me ancora ampiamente sconosciuto, sono giunto a questa piccola conclusione: la friendzone non esiste.
O meglio, se esiste, voglio assolutamente esserci.
Dividere ogni rapporto umano in categorie è un comportamento infantile, da bambino che non ottiene quello che vuole e allora limita tutte le sue interazioni conseguenti al rifiuto a zero. Non esistono categorie per definire i rapporti. È un continuo mutamento.
Non esistono rapporti semplici.
Entrare nel mondo dei single dopo anni di relazione duratura è una esperienza molto strana. Non sai come comportarti. Vedi amici con anni di esperienza alle spalle pienamente a loro agio in tutte quelle situazioni in cui io, ancora oggi, dopo due anni di tirocinio, non ho la più pallida idea di che cosa sto facendo.
Certo, se fai parte di quella categoria di ragazzi che cercano l’esperienza sessuale come punto massimo di arrivo di una relazione, posso capire che la parola friendzone susciti un grande scazzo esistenziale. Ognuno di noi, fondamentalmente, cerca nel rapporto con l’altro qualcosa. Ritengo che quando due persone sono attratte a vicenda non ci sia nulla di male nell’esplorare tutte le possibilità derivanti da questo dato di fatto.
Con il tempo e gli errori ho capito che io, in questo momento della mia vita, cerco un rapporto con un’altra persona. La natura non mi ha fornito nè della carrozzeria nè delle caratteristiche caratteriali per far parte del primo gruppo. Quindi questo sono io e ho imparato ad accettarlo, con il tempo.
Questo vuol dire che l’amicizia, per me, è un passo fondamentale nella creazione di un rapporto. La mia ragazza deve essere la mia migliore amica. La mia compagna di squadra. Quella persona su cui posso contare, a cui posso raccontare i miei problemi e che condivide con me una serie di scelte di vita. Che se parlo mi comprende. Che se le confesso di stare esistenzialmente male non rifiuta le mie considerazioni come un “non vivere la vita con abbastanza leggerezza”.
Ovviamente deve anche essere presente quella tensione sessuale per cui scatta la scintilla. Tenue o forte. In superficie o sottesa. Ma ci deve essere.
Avere una amicizia così forte che posso permettermi di presentarmi da lei se mi scrive che non sta bene e portarla via per un weekend d’avventura. Un rapporto per cui non mi sento in imbarazzo a dire “con me puoi parlare di tutto quello che ti frulla nella testolina”. Un legame tale per cui lei saprà che ci sono. Anche a centinaia di chilometri di distanza. Un tipo di relazione in cui la fiducia è tale per cui non c’è bisogno di gelosie pesanti ed inutili.
Una relazione in cui non ci si possiede a vicenda, ma ci si vive.
Per avere qualcosa di bello ci vuole tempo. Fatica. Sacrificio.
Nel mondo d’oggi ci aspettiamo, io in primis!, tutto e subito. E da qui, la non esistenza della friendzone. Un non luogo in cui ci mettiamo perchè non abbiamo voluto faticare e costruire un rapporto vero. Non siamo noi a decidere gli accidenti ed incidenti della vita. Certo, questo non vuol dire neanche stare lì come un rimbambito ad aspettare segnali dal cielo. E bisogna anche avere il coraggio nella vita di chiarire le proprie intenzioni. Anche perchè il tempo non è una risorsa illimitata.
In conclusione, usare la parola “amico” in modo denigratorio affermando di cercare una relazione con un’altra persona è una paraculata per nascondersi di fronte al proprio riflesso allo specchio, che vuole tutto e subito, incapace di concepire l’altro come una persona con cui essere insieme, non una persona da avere.