La generazione dello smartphone e dello spritz - TheCio

La generazione dello smartphone e dello spritz

Parlo per me ma forse anche per voi.
Amici, diciamo la verità:
di sentirci oppressi ci sentiamo felici;
ci importa adesso esser vittime, non esser liberi poi. 

Giovanni Raboni

Se decidiamo di sintonizzarci su un qualsiasi talk show a sfondo politico, apriamo un giornale al bar la mattina o scorriamo distrattamente col nostro ditino indice indice la home di Facebook – metodo privilegiato dalla nostra generazione per informarsi oggigiorno – quello che ci troveremo davanti è l’immagine di una politica ridotta ormai ad un supermercato di slogan, retorica pre-cotta e strategia comunicativa, e tutto questo a scapito di ciò che veramente dovrebbe contare: la sostanza. Che siano i toni populisti di Salvini o antisistemici dei 5 Stelle o la politica del fare (non importa cosa) dei renziani, siamo oramai inermi di fronte ad un vero e proprio corto circuito dell’informazione. I partiti fanno oggi più che mai semplice propaganda, le notizie sono contaminate da bufale, menzogne e comblotti e i mediatori sono sempre meno credibili.

L’informazione, i partiti, la politica sono solo alcune delle vittime di questa gravissima crisi che stiamo attraversando: basta pensare all’arte, alla musica, alla letteratura. Quella che stiamo vivendo è senza alcun dubbio una crisi culturale a trecentosessanta gradi.

A farci le spese, come sempre, è chi sta nell’ultimo anello di questa catena di Sant’Antonio: noi. Noi, i ggiovani con due g, che crediamo di essere consumatori attivi di notizie e membri produttivi della società, ma non siamo altro che soggetti passivi di questo malato mondo dell’informazione e della politica, un insieme annichilito e senza speranze di giovani consumati zombie (altro che consumatori).

Questo declino culturale ha, fra i suoi tanti effetti disastrosi, quello di annebbiare l’opinione pubblica, che è oramai orientata verso preconcetti ed etichette, sempre chiaramente a discapito delle idee e dei contenuti. Così incappiamo nel rischio di perdere la bussola delle idee e finiamo a condannare a priori un Di Battista un Renzi o chicchessia senza nemmeno provare ad ascoltare in maniera distaccata e oggettiva le sue parole (abbiamo solo più occhi per partiti e targhette, e checcifregannoi delle idee e dell’individuo) spinti dall’insopprimibile urgenza di esprimere un giudizio concorde a quella che pensiamo essere una nostra solida linea di pensiero, ma è che è solo uno sterile bisogno di blaterale qualcosa. Non importa cosa. Non importa quando.

Ma in tutto questo, di chi è davvero la colpa?

È forse colpa dei nostri genitori che non ci hanno aiutato ad orientarci in questo caos? È colpa del sistema politico dirigente, che si prende gioco di noi da oramai chissà quanti anni? È colpa della scuola e dell’istruzione, dei mass media, del consumismo, di Facebook? Forse, ma non solo.

La verità, è che oggi più che mai, la colpa è nostra.

Proprio così. Perché noi siamo quelli che trovano le energie per uscire il week end, per gridare allo scandalo calcistico quando Icardi scrive su un libro qualche cazzata o per atrofizzarci davanti ai talent show il giovedì sera, per poi vomitare tutto questo vortice di nulla in commenti su Facebook, che quotidianamente digitiamo all’impazzata come leoni da tastiera con al nostro seguito un branco di idioti. Siamo quelli che parlano per sentito dire, che ripetono la prima cosa che abbiamo sentito dal nostro amico o da quel tipo l’altra sera che minchia ci stava ne sapeva un sacco. Perché diciamoci la verità, se nell’era del 2.0 tutti possono parlare, perché non posso farlo anche io?

Per citare Mentana, lucidissimo nel descrivere il periodo storico che stiamo vivendo durante un intervento all’ International Journalist Festival tenutosi a Perugia questo aprile: “Si vive nel galleggiamento del presente fra lo smartphone e lo spritz”. Non ci frega più nulla di nulla, eppure fingiamo che sia così, mentre con una mano teniamo lo spritzino e con l’altra lo smatphone di ultima generazione. E mentre un disastroso futuro bussa alle nostre porte, noi facciamo finta di non sentire e abbiamo orecchi solo per la nuova hit di Rovazzi o per le notifiche di Whatsapp sul gruppo “sabato sera sushi”. Se poi contestualizziamo tutto questo all’interno del tesissimo clima di referendum che stiamo vivendo (pare che siano pochi gli eroi che hanno avuto il coraggio di capirci qualcosa, prendendosi la briga perlomeno di leggersi due righe a riguardo) possiamo dire senza dubbio che non c’era cosa più grave che potesse accaderci.

Lorenzo Martinotti

 

A cura di Lorenzo Martinotti

Musicista - scrittore - studente di lettere. Il resto conta poco.

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