L'ultima sigaretta. - TheCio

L’ultima sigaretta.

Mi ricordo ancora le prime sigarette. L’intontimento che durava sempre meno. Mi sentivo così figo a fumare per Lei. Mi avevano detto che iniziare a fumare per una ragazza era una cosa stupida. Dovetti fumarmi due tre paccheti di nascosto per imparare la posa, il tiro e tutto l’atteggiamento del fumatore provetto. La mia morosa non aveva capito niente. Odia le sigarette e pensava avessi iniziato solamente per darle fastidio. Tonta.

Avevo aggiunto Marlene su Facebook dopo averla conosciuta ad una serata al circolo Arci vicino casa. Studiava giurisprudenza. Voleva cambiare il mondo. Io avrei voluto limitarmi a portarla a letto. Non avevo idea di come approcciarla. La mia morosa vegetariana ama quel posto perchè ci sono i menù senza carne che le piacciono tanto.

Marlene. Mmmmmarlene. Come le mele. Non vedevo l’ora di assaporarla. Quella freschezza che solo la frutta ti può dare. Il primo bacio era stato così naturale. Stavamo fumando assieme. Dentro suonava Calcutta. Dio se mi fa cagare. La mia morosa era presa benissimo. Lì, davanti, a fare foto. Scema.

“Ma sei fidanzato no?”

“Uhm, sì, fidanzato è una parola grossa.”

“Hai una relazione con quella mora lì davanti che si fa un selfie o sbaglio?”

“Sì, sì.”

Schiaccio la sigaretta col piede per terra.

“Perchè mi hai baciato scusa?”

Non era incazzata, era solamente stranita.

“Perchè mi piaci. Da quando ti ho visto. Chiamalo il classico colpo di fulmine, che ne sò.”

In quel momento non avevo idea di come le parole mi stessero uscendo dalla bocca. Non sapevo spiegare il perchè mi stessi aprendo con una ragazza che conoscevo da un mese e che avevo appena baciato. Dire ste cose fa scappare la gente.

“Però. Che stronzo sincero. Sei un marpione stronzo sincero.”

“Ehi. Non lo faccio sempre.”

Era relativamente vero. A parte la notte dello scorso capodanno in cui tradì Virginia con Luisa. Ma quella è un’altra storia. E poi Luisa mi stava da troppo tempo dietro per non concedergliela, quella notte.

Non ci parlammo più quella sera. Ci salutammo con un sorriso. Il suo di una donna sicura di essere in una posizione di vantaggio nei miei confronti, il mio di un uomo che ha iniziato a pregustare quello che verrà. Non provavo assolutamente sensi di colpa. Marlene era vera, Virginia boh. Stavamo assieme da tre anni. Quando l’avevo conosciuta mi sembrava una tipa a posto, la pensavamo allo stesso modo su tantissime cose. Non mi ero proprio innamorato ecco, provavo un bell’ affetto, ma nulla di più. E sopratutto me la dava, fattore importante di cui tenere conto.

Avrebbe dormito da me, quella notte.

Mentre lei occupava il bagno per l’eterna fase di struccamento, mi svestii e mi misi la tuta. Un foglio svolazza via dalle mie tasche.

“Anche se non sono sicura che mettersi a girare intorno ad un marpionazzo come te mi faccia proprio bene, ecco il mio numero”

Quando diamine me l’aveva messo? Non importa. Ero felice. Sentivo qualcosa battere nel petto. Che strano.

Accendo il computer, apro Telegram. Eccola. Che culo. Le scrivo da lì. Così il mio cellulare rimaneva intonso e Virginia poteva pacioccarlo quanto voleva.

Entra nella stanza prima del previsto. Agilmente premo la x su Telegram e metto su la home di Facebook. Mi guarda con degli occhi strani. Prende il computer, me lo mette sul comodino. Mi accorgo solo ora che ha solamente il reggiseno. Mi si butta addosso e prima che me ne accorga abbiamo finito. Stupito da questa sua intraprendenza, non riesco a proferire parola. Mi sento anche un po’ in colpa. Poco, ma mi sento in colpa.

Lei torna in bagno.

Apro Telegram. Stavo pensando di scrivere a Marlene che era meglio smetterla. Che con Virginia era troppo importante, che stavamo insieme da troppo tempo e altre amenità. Apro e trovo un suo messaggio.

“Comunque mi piacerebbe smettessi di fumare. Sei abbastanza ridiciolo, davvero, non ti viene naturale.”

Cazzo.

Virginia esce dal bagno e finalemente posso fare le mie cose. Mi lavo, mi raso ed esco in balcone a fumare.

Ed eccoti. Fra le mie dita. Mi fai puzzare. Mi fai del male. Ogni tiro è una tacca in più: polmoni, fiato, malattie cardiovascolari. Ma non ci penso e ti fumo. Sei la mia Dea, la mia fine. Il nostro appuntamento si rinnova sempre, ogni giorno. Mentre io ti tengo fra le mie dita, tu sgretoli il mio futuro e la mia mente.

Finisco in cenere.

Tu torni sempre, ogni giorno, ogni ora. Sei tu ma non sei tu. Simile ma non uguale. Ma mi consumi. Io ti butto via, ti caccio con due dita come se fossi una piccola cosa inutile e schifosa, quando un attimo prima ero lì che dipendevo da te.

Guardo questa sigaretta, l’ultima. Mi godo ogni singolo tiro. Avrei dovuto fare così anche con Virginia qualche minuto prima. Godermi ogni parte dell’amplesso. Non sapevo sarebbe stato l’ultimo. Questa sigaretta sì però.

Entro in camera da letto. La trovo con il mio cellulare in mano.

“Ah, te l’ho tolta da Facebook, quella zoccola.”

La guardo preoccupato.

“Non fare il finto tonto. Quella che hai baciato stasera. Quella per cui hai iniziato a fumare. Ma non preoccuparti. Noi sopravviveremo anche a questo. Come siamo andati oltre Luisa, andremo oltre lei.”

Allora non era rimbambita come pensavo.

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

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