Ci sono quelle mattine in cui non ti vuoi proprio alzare.
La notte prima sei lì, che scacci le ansie sotto il letto con qualche calcio, Netflix e provando a smetterla di ricordarti di quella volta in terza media quando hai scoreggiato davanti a tutta la classe (spoiler, risuccederà altre volte in altre situazioni imbarazzanti e non imparerai a gestirlo). Prima che te ne accorga, sono le due e ancora non hai trovato una risposta alle grande domande dell’universo: “Mi piace il lavoro che sto facendo”, “quanto mi inculeranno alla tesi”, “perché se io dico che parlo con i morti mi prendono per un pirla ma Machiavelli invece era un genio”.
Il mattino dopo.
Fa freddo.
Hai “dormito” un quattro, cinque ore circa.
Le coperte ti separano dal gelo infernale (ma non doveva fare caldo?). Alle 7 36 ti scrive la tua ragazza, alle 8 sei ancora nel letto che ti rigiri. “Conto fino a 100 e poi mi alzo”.
Stamane non avevo proprio voglia. Di fare nulla. Me ne fregava meno di zero di tutta la fatica fatta per arrivare dove sono, di tutto lo sbatti che c’è dietro, mio, dei miei genitori, e più in generale di chi mi supporta e sopporta.
Ero lì, che mi rivoltavo nelle coperte guardando con un occhio mezzo aperto quella cravatta, quel nodo che pian piano sto imparando a fare.
Mi sovviene uno dei miei primi colloqui, dove mi ranzarono brutalmente.
“Dottor Nobili, lei è capace ad auto motivarsi?”
Colpito sul più vivo, ci misi quei 5 secondi di differenza fra un “tra mezz’ora procederà al colloquio tecnico” e un “la richiamiamo noi”.
Sto imparando, ecco, la risposta che darei a questa domanda in questo specifico momento della mia vita è questa.
Né più, né meno.
Certo, potrei andare a scavare nelle cause della mia mancanza di motivazione, e taluni potrebbero dire che è il “sistema” a metterti addosso tutte queste ansie e che noi siamo mere vittime di un sovracostrutto sociale derivante dalla forma economica predominante, ma chi mi conosce sa che avrei ansia anche ad organizzare una vacanza, quindi la teoria del “non è il lunedì che odi ma il capitalismo” va allegramente a farsi fottere.
In giornate come questa, ci sei solo tu davanti a quello che devi fare e allora inizi ad inanellare un passo davanti all’altro. Provo ponendomi degli obiettivi, dando uno scopo a quello che faccio, ma alla fine la vera cosa che mi spinge sempre è la musica. L’ultima spiaggia, quel “fattore motivante” che non mi molla mai. E non la musica in generale, un genere ben specifico.
Il rap.
Sì.
Ognuno ha le sue piccole risorse infinite di energia. La mia è il rap. Italiano, inglese, non importa. Prima di uno dei colloqui più importanti della mia vita sono arrivato dopo aver ascoltato un’ora di Fabri Fibra, Marracash, Salmo, Eminem e gentaglia varia. Una piccola droga, un motivante quasi chimico, però funziona. Ero carico, pronto, pieno di energia e voglia di spaccare tutto.
Il punto è trovare queste piccole cose e non avere vergogna di usarle al momento giusto. Senza tanti giri di parole.