Opinioni opinabili su fatti reali.
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Era una torrida estate quando mi regalarono questo libro: “Grom. Storia di un’amicizia, qualche gelato e molti fiori” .
Raccontava dell’avventura di Federico Grom e di Guido Martinetti, di come da un sogno siano partiti e pian piano abbiano costruito una realtà. Avendo cura di tutta la filiera, tastando e gustando ogni singolo prodotto, creandovi la loro personale fattoria. Ricordo ancora, un pomeriggio, a Vercelli, che entrai nella loro gelateria e per qualche strano motivo presi una cioccolata calda e iniziai a decantarne le qualità come se fosse nettare degli dei.
Siete stati molto bravi: avete dato da mangiare a, ormai, centinaia di migliaia di persone un sogno.
Avete creato una narrativa imbattibile, andando a mettervi in quel filone di “Italiani che ci provano”, “Made in Italy”, “Storie di giovani imprenditori”, “Startupper”, che tanto piacciono a tutte le persone che si riconoscono in Renzi e nel Renzismo, categoria che fino a poco tempo fa’ aveva in me un esponente fanaticamente convinto.
Ora, sono un poco meno innamorato ed un pochino più cinico e grigio. Sì, Renzi mi piace ancora, anzi, direi che non mi spiace.
Ma, dopo un po’ di tempo, ho visto che tu puoi raccontare le storie più belle, con le parole migliori, ma un fattore è e rimarrà importante:
la realtà.
Possiamo pensare alla famosa modalità di creare i turni per adattarsi al traffico dei negozi, che in realtà non è che poi andasse tanto a genio a quei ragazzi che si trovavano a doversi organizzare settimana per settimana la vita, non potendo capire quando avrebbero ricevuto uno stipendio VERO (e qui, possiamo già vedere un presagio di quello che sarebbe diventato Foodora e tutte le sue varianti).
Possiamo anche notare che decantare in modo eccessivo la proprietà di ogni singolo negozio fosse un qualcosa da viversi come un vanto, salvo poi quando si sono trovati a dover andare a chiudere negozi e a mandare a casa persone, perchè il franchising alla fine non era poi così male.
Alla fine, quando i conti non tornavano molto a detta di alcuni, non tornavano come volevano a detta di altri, alla proposta del colosso multinazionale Unilever non si sono fatti tanti problemi ad accettare e a vendere. Sostenendo che questo non avrebbe mutato il brand, che non avrebbe snaturato il prodotto e non avrebbe significato nessuna commercializzazione di quella catena di creazione del valore tanto tenuta in considerazione.
Le parole di Federico Grom «è un traguardo importante perché ci permette di realizzare le nostre ambizioni. Unilever – aggiunge – è una realtà internazionale con importanti radici in Italia e una forte conoscenza del nostro mercato, dove è presente da 50 anni. Riteniamo che Unilever, con la quale condividiamo valori fondamentali, come la cura della qualità e della filiera agricola, sia il partner giusto per fare un ulteriore passo in avanti, e portare così il nostro brand ed i nostri prodotti in nuovi paesi».
Ieri sono andato al supermercato, in pausa pranzo, a cercarmi un bel gelato industriale (e vaffanculo alla dieta) e ho trovato i barattolini di gelato di Grom.
Appena €7 per 300g di gelato.
Ora, magari sono io, una malalingua, uno che a queste cose non ci crede, e dovrei comprarlo, questo gelato, per poter dire qualcosa.
Fatemi dire, però, che di una cosa sono parecchio stufo.
Grom e Martinetti sono liberi di fare quello che vogliono con le loro aziende, ci mancherebbe altro.
Viviamo in un mercato libero, dove, giustamente, con la propria proprietà ciascuno è libero di venderla al miglior offerente.
A me, però, fa incazzare che questo vendere alle multinazionali, poi, abbia come ricaduta una smitizzazione e, più in generale,l’annientamento di questi valori agli occhi del consumatore, della persona comune. Se uno crea attorno a sé, attorno alla propria azienda con il proprio nome, una aurea portatrice di determinati valori, e poi vende a chi, nella mente comune, non è la personificazione di questi ideali, questo imprenditore deve avere la consapevolezza che va a distruggere un sogno.
Un sogno che non è solo suo. Un mondo dove il consumatore si fida delle imprese, dove il Made in Italy è vero Made in Italy, dove il Naturale è veramente Naturale, dove chi ti pare amico ed essere vicino a te, non si vende alla prima multinazionale per poi snaturare un prodotto.
Io, credo, che molte persone abbiano comprato Grom negli anni perchè esprimeva un mondo, un modo di vedere le cose, che io condivido.
E, come sappiamo, comprare un gelato Grom è un piccolo investimento. Vedere un brand che tanto pavoneggiava determinate caratteristiche vendersi poi, crea una fine del sogno, un ritorno alla realtà dei soldi e del capitale. Allora la persona comune smetterà di credere in tutti quei valori, credendo che ogni azienda e singolo che li usi, li sfrutti semplicemente finchè reggono, salvo poi abbandonarli per 30 denari.
Io non so, se ora il gelato Grom è meno naturale, o se il gelato che trovo al supermercato, con il brand Grom, tradisce quei valori che, teoricamente, sono alla base della storia dell’azienda fin dall’inizio.
Quello che so, però, è che il mio sogno Grom è finito.
Un sogno nato in una calda estate, in cui credevo che due ragazzi avessero reso materia quello che era solo idea, non esiste più.
E oggi sono un pochino meno motivato di ieri.
Spero solo che Grom e Martinetti la sera dormano sonni tranquilli, sapendo di essere coerenti con se stessi. Cosa che, appunto, possono sapere solo loro.
In tutto questo, poi, chi sinceramente può affermare che questo nuovo Grom sia in qualche modo ancora vicino all’originale? Che sia accostabile al sogno di due ragazzi?