Gennaio 2010. Ultimo inverno di liceo.
Il nostro professore di educazione fisica, materia che ci ostinavamo a chiamare ginnastica perché continuavamo a coglierne il valore educativo, decide di farci finalmente provare qualcosa di diverso e di portarci al palaghiaccio. Le alternative proposte sono pattinaggio artistico e curling. Io, avendo la stessa confidenza di un beduino col ghiaccio, opto per il curling, sembrandomi l’alternativa più sicura.
Considerando che per lui non esiste altro sport della corsa, cosa che io odio, è una variazione assolutamente gradita. Purtroppo, il problema al ginocchio che mi avrebbe potuto evitare molte seccature si presenterà appena dopo la maturità. E vabé.
Ora, piccola digressione per chi non sa cosa sia il curling:
il curling, che in antico scozzese significa “la cosa più appassionante dopo la crescita del muschio”, ha una storia secolare. Una delle prime testimonianze sono dei dipinti di Bruegel il Vecchio, dove si vedono contadini fiamminghi giocare a curling perché spaventati dalla cucina delle proprie mogli e che cercano di morire di ipotermia prima di pranzo.
Un lanciatore (sboccer) spinge una pesante pietra a forma di ferro da stiro verso un bersaglio, mentre alcuni bidelli fanatici devono spazzare il percorso della pietra per farla scivolare meglio. Vince chi si fa meno bicchierini di grappa tra una mano e l’altra.
Dunque, eccoci alla primissima lezione. Presenti a curling tutti i maschi della classe, che non voglio neanche per errore rischiare di dare l’impressione di essere aggraziati, più qualche ragazza meno ardimentosa. Ci vengono spiegate le regole, fornita la Vileda d’ordinanza e la soletta di plastica da mettere a una delle scarpe per essere sicuri di scivolare veramente.
Il nostro sensei ci avvisa che quasi tutti cadranno nei primi minuti e che il ghiaccio è molto duro, ma poi acquisiremo l’equilibrio.
E infatti, entro dieci minuti dall’inizio diversa gente finisce culo a terra, anzi ad acqua, io non sono da meno. La scarpa con soletta decide di andare per conto suo, il mio baricentro si sposta e prendo il volo.
Atterro sui glutei, potendo ammortizzare su un’ampia superficie l’urto? No. Pur non essendo uno di quegli uomini senza chiappe, riesco ad atterrare esattamente sul coccige. Oltre alla botta, al dolore, ai vari pantheon che offendo nel giro di pochi secondi, una cosa mi colpisce particolarmente: sono riuscito a fare una crepa circolare nel ghiaccio. Ho rotto il ghiaccio con una botta di culo.
La lezione continua con me dolorante e scarsamente deambulante, ma immagino che sia solo l’ematoma. Nei giorni seguenti non passa e allora decido di andare al pronto soccorso per i raggi. Verdetto: coccige lussato, nella mia ingenuità anatomica non pensavo nemmeno che fosse possibile.
Passo il mese successivo a riposo, senza potermi sedere dritto; continuerò invece a percepire i cambiamenti del tempo per circa un anno.
Il curling ti spegne.