Paura - TheCio

Paura

“Il sentimento più forte e più antico dell’animo umano è la paura, e la paura più grande è quella dell’ignoto.”

Detesto iniziare a scrivere con una citazione. È uno dei cliché più scontati e stupidi che una persona che scrive possa usare. Queste parole dello scrittore H.P. Lovecraft però rendono perfettamente la situazione in cui ci troviamo ora.

Come singoli. Chiusi nelle case. Come famiglie. Rinchiusi. Come specie. Specie che si credeva invincibile. Immortale. L’Occidente, così sicuro e tronfio. “Da noi non sarà mai come in Cina”. Frase che in breve tempo diventa “Da noi non sarà mai come in Italia”. Frase che diventa un silenzio. O un rumore di respiratore che ci tiene in vita.

Eravamo convinti che nulla avrebbe scalfito il nostro tenore di vita. La nostra maggiore preoccupazione erano dei migranti su delle barche malfatte. Il terrorismo ci teneva svegli la notte, facendoci fare e allungare le code negli aeroporti e nei concerti.

Aeroporti con aerei che chissà quando torneranno a volare. Concerti con band che chissà quando torneremo a vedere.

Assisto, ogni giorno, ai classici processi di razionalizzazione. Chi cerca un nemico. Chi cerca un colpevole. Chi preferisce credere che sia il 5G che un semplice virus. Sì, perché questa arroganza, questa ubris, diviene così immensa, così grande, per cui ci sentiamo di dover cercare una scusa, una correlazione, fra una nostra azione (5G) e un qualcosa che sfugge alla nostra comprensione (il virus).

Io?

Io ho una paura fottuta.

Per me. Per il mio futuro. Anni a costruirlo e poi?

Per chi mi è vicino. Per le loro vite.

Per i più deboli. Che loro, oggi più che mai, sono e saranno sempre i più soli.

Questa paura è la mia forza. È quella cosa informe che mi spinge a cercare di fare il mio ogni giorno. A cercare di dare una mano, come posso. A pensare a chi mi è vicino.

Ho fatto mia questa paura dell’ignoto.

Non cerco spiegazioni, non più.

Ogni giorno alle 18 ho il mio attimo di razionalizzazione. Aspetto i dati, come se volessero dire qualcosa.

Per avere un segno, minuscolo, che qualcosa sta migliorando. Che questa roba finirà. E tornerò ad uscire, a vedere le persone che mi mancano, a fare festa.

Questa paura però non mi abbandonerà. Già prima avevo una concezione particolare della nostra specie e della nostra esistenza. Ora non posso che andare a confermarla. A farla mia più di prima.

Ad impossessarmi della mia paura e a farmi guidare da essa. Perché viviamo come se fossimo invincibili, immortali, eterni. Come se tutto questo fosse nostro e come se ci fosse dovuto. E quando non lo abbiamo ci arrabbiamo: il migrante, il governo, il 5G. Quando in realtà è tutto davanti a noi, allo specchio.

In questa breve esistenza. Cercando di essere la versione meno peggiore di noi stessi. Non dico la migliore.

Perché dopo questa ennesima prova, di bello, continuo a vedere davvero poco. Forse a me il bello non piace. Forse non mi è mai piaciuto.

Per ora continuerò, spinto dalla mia paura, a fare il mio piccolo millimetro. Lavorare. Rispondere al telefono. Alzarmi il mattino. Cercare di essere il meno spiacevole possibile. Dare il mio piccolo contributo.

Per superare la paura. E farla propria.

Decio

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

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