Sei mesi fa, circa, ricordo un incubo frequente che mi teneva sveglio la notte. Conoscevo una, mi innamoravo di lei, uscivamo, e poi sbem, succedeva qualcosa all’infuori della mia sfera di controllo (una invasione zombie, terze persone che si infiltravano, io che la tradivo e altri centinaia di scenari possibili). Così mi svegliavo la mattina, sentendomi in colpa nei confronti di questa figura onirica che mi aveva tenuto compagnia per qualche ora di sonno.
È un sentire che si era creato nel tempo, che pian piano ho visto diventare parte della mia personalità. In quel momento della mia vita avevo un solo grande timore: quello di perdermi.
Vivevo in un dualismo, da una parte ne avevo estremamente voglia, dall’altra non ci volevo nemmeno pensare. Penso però sia un qualcosa di caratteristico di molte persone che hanno la mia età. Sei single, libero e dopo una relazione seria all’inizio di quella libertà onestamente non sai che fartene. Poi inizi ad apprezzarla, e allora il pensiero di perdere anche solo un decimo di questo nuovo mondo fa ergere dei muri talmente ripidi che non puoi neanche vederne la cima.
Invece un altro giorno ti svegli e vorresti un po’ di monotonia, di sicurezza, di situazioni e modelli che si ripetono per poter tornare ad essere tranquillo. Come fare un bagno caldo la sera da stanchi, quelle piccole sensazioni di focolare che chi ama quotidianamente capisce di cosa sto parlando. Quella cura giornaliera per la persona che ami, il chiedere come sta (e qui ti frega davvero), il non trovare fastidioso una chiamata, le battute che solo voi due sapete cosa vogliono dire. Gli atti d’amore casuale, quei piccoli regalini che ti facevi facendogliene uno, e via di seguito.
il tempo passa e lima tutto. Lima i ricordi, lima i bisogni. Qualche delusione accumulata qua e là inizia a farti diventare un po’ più grigio. La libertà diventa autonomia, l’autonomia va spalla a spalla con la solitudine, che da qualcosa che non ti tiene sveglio la notte diventa una compagna che cerchi e brami.
Arrivi a chiederti se non sei diventato incapace di perderti, di mettere tutto in discussione un’ultima volta. Se solo gli adolescenti possono veramente obnubilarsi negli occhi di un’altro. Qualche bella cotta te la prendi ancora, qualche notte in cui sei in condizioni psicofisiche talmente piccole che basta una mezza birra e sei già lì che balli con Dioniso. Però rispetto ad una volta non ti senti più perso.
Non mi ricordo neanche più come è sentirmi perso in qualcuno o qualcosa. Mi chiedo se tutta la strada percorsa mi ha portato qui, se ha un senso questo mio sentire o se è semplicemente crescere, diventare grande e rendersi conto che l’amore non è un quindici secondi ma è mesi e mesi di conoscersi a vicenda.
Forse non non ci sono solo io che ho paura di perdere la mia indipendenza, ma anche la persona dall’altra parte. Mi risulta tutto così strano.
Ma vale davvero la pena mettere tutto in gioco? Alienarsi in un concetto all’infuori da noi stessi? O è solo una cosa che succede da giovani?
Non credo sia paura, ma un rendersi conto che quello che ho conquistato merita qualcuno che lo conquisti a sua volta e che sia in grado di rispettarlo. Noto che mi interessano le persone in grado di capire questo concetto. Però lo noto circa un mese e mezzo dopo, precisamente.
O forse semplicemente ancora una volta non ho capito niente. Sono aperto a cambiare idea, intanto ascolto questa canzone che mi apre sempre un po’ il cuore.