Shark Tank #1 - TheCio

Shark Tank #1

Premessa:  Tenterò di creare qualcosa di particolare aiutandomi con la musica. Quindi quando vedrete qualcosa di cliccabile, cliccate. Tendenzialmente il video avrà a che fare con il contesto in cui viene inserito. Sarà un viaggio delirante.

Siete pronti?

Iniziamo. 

 

I pugni, continuo a sbattere i pugni contro la parete. Voci dal fondo mi chiamano. Non sento nulla, se non il rumore indistinto delle mie mani contro il metallo.
“VOGLIO USCIRE, FATEMI USCIRE”

Attraverso l’oblò intravedo figure oniriche, un gruppo di squali accerchia una balena, TUM TUM, batto i pugni. Sembra che si accorgano per un momento di me: un secondo di stasi prima di aggredire e smembrare la balena. Squali con occhi umani.

L’acqua continua a salire, inizio a sentire le mie ginocchia bagnate. La stanza si rimpicciolisce, mi sento sempre più costretto in questo spazio. Non vedo i miei arti, sento solo il TUM TUM delle mie nocche. Guardo l’acqua salire. Vedo riflesso un qualcosa. No, non è acqua, è un liquido caldo che sembra avvolgerlo: non limita il movimento, ma è viscoso. Decido di capire cosa è: avvicino un dito, e dopo averlo immerso nella sostanza, lo porto alla bocca.

Ferro. Questa cosa sa di ferro.

Il liquame continua a salire. Mi copre gli occhi. Perchè continuo a respirare? Altri piccoli particolari cominciano ad attirare la mia attenzione, se di attenzione si può parlare. Capisco di sentirmi a mio agio, di essere abituato a trovarmi all’interno di questo ambiente. Prendo una boccata. Mi sento vivo. Il liquido entra in me, mi lascio andare. Chiudo gli occhi. Li riapro. Sono libero. Attorno a me un’acqua nera, viscosa. In lontananza posso sentire le mandibole degli squali che fanno ciò per cui la natura li ha creati.

Un ricordo dei documentari guardati da bambino riaffiora alla mia mente: alcune razze di squali si contraddistinguono perchè dopo la schiusa, all’interno del grembo materno, i piccoli squali si mangiano fra di loro. Sopravvivenza del più forte, la chiamano.

Una parte di me urla. L’altra si trova tremendamente adatta all’ambiente. Con calma muovo i miei arti. Li sento come miei ma al contempo totalmente alieni, non sono abituato a questi movimenti. In lontananza.

Un altro grido,un altro richiamo. No, non è un grido, è un ronzio.

Aprì gli occhi e si trovò nel suo letto matido di sudore. Il respiro era affannato. Il cuore batteva. Il cellulare segnava le sette meno dieci. O meglio, le sette e venti. Sempre mezzora avanti: il ritardo era qualcosa che lui non poteva sopportare.  Sveglia, doccia, colazione con caffè e biscotti, camicia, borsa a tracolla pronta e via, un quarto d’ora e si ritrova in un mondo totalmente nuovo. Ad un primo impatto pensò che non fosse poi così diverso da come era abituato, alla fine era solo un altro luogo pieni di esseri umani della sua età che sgomitano per ricavarsi un posto nella società del domani. Camminando fra i corridoi sconosciuti si chiedeva con chi si sarebbe trovato ad avere a che fare, come si sarebbe posto nei loro confronti e vice versa. In tutto questo una frase:”Siamo in anticipo”.

Aveva conosciuto questo ragazzo il giorno del test per entrare alla specialistica. Si erano piaciuti fin da subito. Entrambi diffidenti dell’ambiente, entrambi provenienti da altre università. Totalmente dissimili fisicamente, preoccupantemente uguali nel modo di intendere la vita. Giovanni era alto, portava dentro di se un peso che gli curvava leggermente le spalle. Tanto in altezza, quanto in profondità di riflessione colpiva.

Seconda fila, a destra. Non troppo avanti, ma abbastanza vicino per poter dialogare con il professore senza doversi sbracciare, la scelta più efficace. Le lezioni si susseguirono con le dinamiche sociali che più sono consone a momenti come questi: ci si presenta, si scambiano contatti, ci si guarda intorno. Lui amava quei momenti, sapeva già come si sarebbero svolti, i sorrisi di circostanza, da dove vieni, le domande evasive per scoprire con quale votazioni si era usciti, e via dicendo. Per un momento non era l’unico con difficoltà a socializzare, si ripartiva tutti da zero. Una occasione da non sprecare.

Allo stesso tempo sapeva che tutto questo era necessario per andare a creare una atmosfera positiva, amichevole e sopratutto utile a tutti. Si chiedeva spesso se l’essere umano fosse sociale perchè spinto davvero da un genuino interesse nei confronti del prossimo o perchè era la scelta che aveva più ricadute positive. Poi smetteva di chiederselo e dismetteva pensieri come questi come inutili: se non ci si era arrivati in più di seimila anni, di sicuro non ci sarebbe arrivato lui. Che poi neanche avesse fatto filosofia, lui frequentava un corso di Management e Finanza: l’importante era convincere le persone a fare quello che andava fatto per aumentare il valore delle azioni, mica capire le ragioni per cui l’aumentare del valore delle azioni avesse una qualche importanza.

Le pause caffè, le occhiate in giro. Era un mondo incredibile quello in cui si apprestava ad entrare, e lui voleva assolutamente farne parte. Se solo avesse potuto confrontarsi con il sè di un anno prima, si sarebbe preso a pugni in faccia. Ma per ora andava bene così.

Le ore passavano, nuovi professori, nuove materie. Tutto sommato si ritrovava ad essere soddisfatto. Nel frattempo era stato già creato il gruppo Facebook del suo corso, e già un aperitivo era stato proposto.

Lui odiava gli aperitivi: non riusciva a sopportare il connubio fra alcool e momento di conviviale condivisione del pasto. Per quale motivo doveva bere un Long Island accompagnandolo a delle pizzette dalla provenienza dubbia?

Dei tanti piaceri che soleva concedersi, il maggiore era senz’altro l’atto del nutrirsi. Senza badare ad alcun tipo di dieta, si ritrovava a spendere notevoli quantità di denaro nella spesa settimanale. Carne, pesce, spezie, verdura. Il momento della preparazione del pasto, le pentole speciali erano per lui una esperienza quasi mistica. Alienava tutto il vissuto quotidiano in quel’ora in cui si dedicava completamente a darsi godimento. Una delle cose che più innervosiva la gente intorno a lui era la sua tremenda lentezza nel mangiare: per lui bisognava assaporare ogni parte del boccone. Si può solo immaginare come lui potesse trovarsi a suo agio di fronte al momento dell’aperitivo. Per potersi dedicare pienamente all’arte culinaria e rimanere presentabile si atteneva a ritmi di allenamento totalmente senza senso. Fiero della sua forma fisica acquisita con anni di partite di Rugby, non intendeva mollare neppure un centimetro di muscolo.

Decise, tuttavia, di unirsi. Un semplice click implicava il suo appoggio a questo normale e umano momento di conoscenza dell’altro, atto che mentalmente gli causava non pochi fastidi: gli imbarazzi, il cercare di sembrare normali o quantomeno nella norma. Decise di buttarsi nell’acqua fredda. Del resto quante volte veniva concessa una seconda opportunità alla vita di qualcuno?

Prima che se ne potesse accorgere l’alcool fluiva dentro di lui. Andando contro i suoi principi, si ritrovava a mettere in secondo piano il momento del pasto rispetto alla convivialità dello stesso. Non poteva negare che la leggera affinità in qualche anima con cui scambiava due chiacchiere gli stava facendo piacere quel momento in un modo totalmente inaspettato.

Una delle debolezze che maggiormente lo infastidivano era la sua totale incapacità di reggere l’alcool. Quindi oltre al continuare a mantenere le apparenze doveva dedicarsi al non sembrare troppo brillo. Doveva comunque ammettere che il bere lo stava aiutando a rilassarsi, i pensieri scorrevano in modo meno meccanico, le preoccupazioni lo assillavano ma sentiva il cappio allargarsi. La camicia era totalmente linda, la barba curata e il sorriso sottile. Gli scappava addirittura qualche risata. Prima che potesse continuare a trattenersi la serata scorreva in modo piacevole e quasi gli dispiacque doversi poi recare al suo appartamento.

Tornato in camera sua, salutò Marco che stava giocando al computer (il bastardo sicuramente lo aveva superato in classifica) e si diresse al letto. Prima che le palpebre gli si serrassero si chiese quale mostro gli avrebbe fatto compagnia questa notte, con una punta di malinconica rassegnazione.

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

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