Tamburi di Guerra #1: Ispirazione - TheCio

Tamburi di Guerra #1: Ispirazione

Ciao, sono l’autore, o Autore, dipende dai punti di vista. Scrivo da tempo, come potete vedere in questo blog, ma ormai mi sono arreso all’evidenza. Mi sento, ormai, come se fossi un cabarettista in un bar di nicchia vuoto, che fa le sue battute davanti ad un pubblico stanco e per lo più ubriaco. Finalmente, essendo io scomparso, posso cantare e dire quello che mi pare, tanto qui, ormai, non ci viene più nessuno. Potrei passare ore a delirare, come ho sempre fatto, o riempire una pagina intera di A e B, perché io sono l’Autore e ho potere totale su queste pagine.

Creo, anniento, faccio quello che voglio. Sono il Dio di questo universo, di ogni piccola variazione, posso decidere la vita e la morte di tutto. Di fronte a questo, al mio ennesimo fallimento, decido di continuare e dare una nuova vita a queste pagine virtuali, scrivendo quello che voglio, non curante del giudizio mio o degli altri, facendolo per un puro fine edonistico: scrivere ciò che mi diverte, divertendomi scrivendolo.

No, questa volta non cerco il giudizio o la risposta di nessuno. Scrivo perché voglio scrivere. E basta.

Si affidavano ai loro dei. Capricciosi. Umani. Gli altri si affidavano alla scienza. Precisa. Più dell’umano. La scienza non bastò, così crearono una nuova fede, la fede nell’umanità. Ora loro combattono i loro dei, con le armi della fede, sostenute dalla scienza. Sono tempi oscuri. Da una parte la bieca ottusità, dall’altra i più meri e bassi desideri.

Il fuoco dei mortai illuminava il cielo. Una storia già vista, su centinaia, migliaia, di pianeti. Decine di colline che andavano prese, in una guerra che ormai durava da più generazioni di quante la razza umana fosse stata in pace. Sì, avevano raggiunto le stelle. Le avevano colonizzate. Avevano sconfitto imperi di invasori. I Gorbls verdi, gli aulici Alfien erano stati rispediti nei loro spazi, contenendo le loro incursioni, volta per volta. Ma non avevano sconfitto il più grande nemico: loro stessi. Templi di antiche civiltà andate distrutte, esclamavano tutti insieme l’esistenza di un qualcosa che univa la realtà stessa maggiormente della fisicità, un qualcosa di condiviso con tutto ciò che esisteva, ma che trascendeva. Di fronte ad esso c’era chi, forte della fede nella scienza, li aveva bruciati.

Altri, invece, si erano fatti corrompere.

Così, nel mondo XV del braccio minore del sistema di Damien, il quindicesimo reggimento dei fanti meccanizzati di Nantes, si trovava a dover conquistare la collina. Una campana suonava, in lontananza. Che fosse un meccanismo automatico, o un semplice delirio di chi non chiudeva occhi da giorni, sembrava presagire la morte e la distruzione che da poco sarebbe piombata su di loro.

Il lato sinistro era occupato dalle fortificazioni nemiche, quindi l’unica strada percorribile sembrava il lato destro. Questo ragionamento avrebbe funzionato in un contesto di guerra “Terrifico”, come lo chiamavano nelle aule della Schola Generalium. Ora però, vi erano diversi modi, per conquistare una collina. Dall’alto piombavano gli Angeli della Morte. Armature potenziate, sensi potenziati. Un connubio perfetto di uomo e macchina, votata alla distruzione e all’annientamento del nemico. Nei primi millenni dell’espansione umana, questi mostri erano stati accolti con paura, ma grazie alla Fede nella scienza, erano stati accettati e ormai erano divenuti riveriti. Alfieri della Grande Fede, possedevano le dotazioni più innovative, attaccando il nemico dall’alto e dal basso.

L’attacco aereo era una mera distrazione per quello che stava accadendo nelle sale delle munizioni della trincea sul lato sinistro. Gli Infiltratori avevano posizionato le cariche e le prima esplosioni dilaniavano la collina.

Markus guardava inerme lo svolgersi dell’attacco, conscio di essere solamente un sacco di carne protetto da una lieve armatura. Arruolato appena raggiunti i diciotto anni terrestri, faceva parte delle nuove leve, le migliaia di giovani che ogni anno ogni pianeta del Imperium Humanitas doveva consegnare al Grande Esercito. Markus sapeva che la sua aspettativa di vita era di qualche mese. Markus però aveva Fede. Stringeva nella mano destra il Monile del Soldato, un piccolo artefatto che era capace di salvare da qualche colpo, con un debole scudo cinetico. Poteva nulla contro le armi laser dei loro nemici, ma almeno i detriti delle granate erano resi inerti. Markus non sapeva che quella che lui chiamava Fede, in realtà era la sua stessa vita. Ogni volta che veniva salvato, il suo corpo invecchiava di qualche giorno. I “Benedetti della Fede”, soldati giovani anagraficamente che mostravano quaranta-cinquanta anni, scomparivano e venivano mandati in battaglie senza possibilità di vittoria, come carne da cannone. O almeno, questo era quello che credeva Markus e tutta la sua generazione.

Eccomi, sono io nuovamente, l’autore, o Autore. Chiudo questo breve passo, conscio di non aver suscitato l’interesse di nessuno e l’ilarità di forse qualcuno di voi. Le “Ispirazioni” che ho sono chiare, ma Ispirazioni rimangono. Forse un giorno manderò questi scritti sostituendo i termini generici che ho utilizzato e diventerò uno scrittore della Black Library, forse invece rimarrà un primo passo di libri iniziati e mai compiuti, che infestano la mia cartella Google Drive. Per chi non cogliesse le ispirazioni, si parla di Warhammer 40000 con qualche modifica, ma la partenza è quella. Vedremo dove mi porterà e quali altre ispirazioni aggangiarci.
Nel frattempo, la serata si sta chiudendo e il padrone del locale mi invita a scendere dal palco, in questa domenica sera. Al bancone, ancora un ubriacone chiede il suo ultimo Gin, se ultimo della serata, o della vita, non lo sapremo.

E io mi reco nel mio camerino, sognando le risate di una sala piena, cercando di cancellare dalla mia mente l’immagine di un luogo, mestemente, vuoto.

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

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