C’è un breve momento, tra l’istante in cui ci svegliamo e quello in cui apriamo gli occhi.
Spesso dura meno di un secondo. La coscienza si riappropria del corpo, la sensibilità scandaglia l’ambiente. I nostri sensi si riprendono e mandano frenetici segnali al cervello, ma gli occhi sono ancora chiusi: l’odore fumoso della stanza, la leggera luminosità che penetra attraverso le palpebre, il gusto amaro di alcol in bocca, il suono delle coperte che strisciano contro il nostro corpo.
Passo il braccio sinistro sul mio volto, in quel momento. Sento un odore non mio.
-Beh? Hai intenzione di svegliarti o no?-
Non riesco a riconoscere la voce. Aspiro un altro po’ del profumo in cerca di informazioni. Sa di estate, di pelle scaldata da un Sole prepotente. Sa di erba e sa di calore. Decisamente non il mio.
Finalmente apro gli occhi. Lei è sdraiata accanto a me, ancora dorme. Ha un’espressione meno serena dell’ultima volta che l’ho vista dormire. Sotto le palpebre non noto movimenti, probabilmente non sta sognando in questo momento. Le labbra sono socchiuse, il respiro regolare gonfia e svuota il corpo in completa libertà. Mi chiedo cosa abbia turbato quel sorriso che aveva ogni volta che si addormentava.
Attorno a me, la stanza è piena di vestiti lanciati e lasciati come traccia. Mi chiedo se non si possa abbandonare tutto così, immobile, un segno per ogni azione che compiamo. Chi verrà dopo di noi, vedrà mucchi di magliette e pantaloni per terra e si chiederà cosa sia successo. Si immaginerà estati improvvise, talmente calde da obbligare tutti a svestirsi immediatamente, sul posto. Penserà a colonne di manifestanti nudi per denunciare le falle del sistema. Avrà in mente le passioni e le mani che ci spogliano.
Sarò costretto a raccogliere i vestiti e a conservare traccia degli eventi solo dentro di me.
In fondo al letto, sulla mia sedia da ufficio, c’è una seconda lei, nuda quanto la prima. Stesso corpo, stessi colori. La sua espressione è diversa. I capelli lisci e sottili si appoggiano al volto. Gli occhi sono più piccoli, meno innocenti. Sembra quasi cosciente dei sotterfugi e degli inganni che la natura umana tesse. Disillusa. Decisamente non le dona, stride con l’idea che ho di lei.
-Cos’hai intenzione di fare ora?- chiede incrociando le gambe. Non è un movimento sensuale, incute timore.
-Sistemerò questo casino, ti accompagnerò a casa e dormirò un altro po’, credo- dico con voce chiara. Normalmente appena sveglio biascico. Sbatto le palpebre, lei cambia corpo.
I ricci le cadono sulle spalle nude, un cerchio di matita più spessa sottolinea gli occhi profondi. Le labbra carnose sono serrate.
-Cos’hai intenzione di fare, ora che sei libero?- chiede. La voce, la Sua voce, mi fa sobbalzare. Mi tiro su, seduto.
Deglutisco, scuoto la testa, mi stropiccio gli occhi con le mani. Ancora quel profumo non mio.
-Cosa ci fai tu qui? Cos- Mi interrompe e mi ripete la domanda.
-Non ti ho cacciata, sei andata via da sola.-
-E ora che sono andata via, ora che sei libero, cosa farai?- Non sorride, sembra genuinamente curiosa. Le braccia sono ancora immobili, seguono i braccioli della sedia.
Mi ributto sul letto. Cosa devo fare ora? Devo concentrarmi su di me. Ho una persona da costruire, da migliorare. Ho una persona da veder crescere. Ma ho davvero voglia di affrontare tutto questo?
Ogni giorno siamo chiamati a spendere un po’ di noi per evolverci nel tempo. Significa impegnarci, non per un obiettivo futuro, ma per creare una sorta di tregua tra la nostra coscienza e il tangibile; un punto di equilibrio tra noi e il resto del Mondo. Sono sicuro che se non facessimo questo sforzo, gli anni passerebbero e noi non ne otterremmo nulla. Nessun insegnamento, nessuna morale, nessun attaccamento emotivo. Ma sono sicuro di volermi davvero impegnare?
– Cosa faccio adesso?- sussurro.
C’è un me adesso su quella sedia. Malgrado il corpo sia identico al mio, faccio fatica a riconoscerlo come tale. Non è come guardarsi allo specchio. Mi sembra di riuscire in quello che il Vitangelo Moscarda di Pirandello non riusciva, tentando di sorprendersi allo specchio. Mi sto guardando da fuori. La braccia sono lasciate andare, i capelli sembrano più lunghi, gli occhi più vivi. È questo quello che vedono gli altri? Sono così agli occhi non miei?
Parla.
-Adesso, tutto il resto.