Capriole di fumo #4 - Come nasce una canzone - TheCio

Capriole di fumo #4 – Come nasce una canzone

Le capriole di fumo salgono verso l’azzurro del cielo e durano il tempo che devono durare. Guardandole volteggiare ci si può inventare una storia, far rivivere un ricordo d’infanzia, immaginarsi in viaggio verso un mondo di fantasticherie o semplicemente osservarne la rara bellezza.

Due musicisti stanno sdraiati sulla spiaggia, con loro hanno due chitarre, un foglio bianco e una penna. Sentono il flusso spumoso delle onde andare avanti e indietro, sfiorargli i piedi e poi ritrarsi nel buio della notte, così nera che il mare e il cielo sembrano formare un unico muro di fumo denso, e l’orizzonte è solo un concetto astratto che non trova spazio nelle loro menti.

Uno di loro ha cominciato a suonare un si minore, che è un accordo triste – ma dipende sempre da cosa ci metti dopo. Allora i due si fermano, si guardano e sentono che quella che sta uscendo sarà una canzone malinconica. Così uno dei due pensa alla sua intera vita e nella sua testa prendono forma delle immagini ben precise (che dapprima sono emozioni, poi diventano ricordi, e solo infine assumono la forma di parole). Allora comincia a scrivere delle frasi in maniera molto casuale, dando vita ad una sorta di cantiere dal quale poi verranno pescate le migliori espressioni e i termini più efficaci. L’altro continua a suonare, cerca la posizione giusta per l’accordo, e dopo il si minore decide di andare sul sicuro e di mettere un re maggiore e poi un sol maggiore, rimanendo poi indeciso per qualche istante, fermo davanti ad un bivio: la maggiore o mi maggiore? L’altro intanto ha scritto quasi un foglio intero, ma ogni tanto dà un’occhiata a cosa sta facendo il suo compagno. Entrambi, ad un certo punto, sembrano essersi bloccati, così ecco che in loro nasce l’idea che scambiarsi i ruoli sarà una buona cosa: e mentre uno passa la chitarra all’altro, quello ha già in mano il foglio e la penna. Allora uno comincia a selezionare le frasi che più gli piacciono, mentre l’altro suona ripetutamente gli accordi che gli sono stati detti e alla fine decide che nella strofa (che sarà in nove ottavi) ci sarà il la maggiore, mentre nel ritornello (che sarà invece in quattro quarti) ci starà bene il mi maggiore.

Ora le prime luci dell’alba illuminano la spiaggia. I due musicisti stanno suonando la loro quasi ultimata canzone da qualche ora e si sentono come un unico corpo. Le dita fuggono sulle corde in maniera automatica, la voce è perfetta anche quando uno di loro per la stanchezza stona, anche se di poco. Proprio mentre il sole fa capolino e illumina i loro volti, i due decidono che la chiusa sarà in sol maggiore e mi maggiore, il tutto ripetuto due volte. Poi, esausti, si sdraiano sulle custodie delle loro chitarre, ascoltando il rumore del mare che per qualche momento era come se si fosse fermato. Mentre uno dei due sta per chiudere gli occhi, l’altro gli dice: – Stai dormendo?
– No.
– Sai che c’è?
– No, che cosa?
– Che come noi due, solo John e Paul.

Lorenzo Martinotti

A cura di Lorenzo Martinotti

Musicista - scrittore - studente di lettere. Il resto conta poco.

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