Le capriole di fumo salgono verso l’azzurro del cielo e durano il tempo che devono durare. Guardandole volteggiare ci si può inventare una storia, far rivivere un ricordo d’infanzia, immaginarsi in viaggio verso un mondo di fantasticherie o semplicemente osservarne la rara bellezza.
Siamo già in diciannove quassù, quando un’altra di noi ci raggiunge rotolando e allungandosi, poi ricomponendosi, poi mischiandosi con una delle nostre sorelle e infine cercando la sua stabilità temporanea per volteggiare con noi sopra la stazione dei treni. Così adesso siamo in venti (anche se a dire il vero non so dire se le due sorelle, ora unite in un’unica nuvoletta grigia, contino per uno o per due) e ce ne stiamo a piroettare fra la terra e l’atmosfera. Ogni tanto ci rigiriamo su noi stesse e con sconforto vediamo che qualcuna di noi già non c’è più, spazzata via dal vento o scomposta in milioni di molecole invisibili.
In tutta sincerità, c’è da dire che la nostra vita è davvero molto breve e può durare in media dai trentatré secondi al minuto scarso, per cui sappiamo che non c’è cosa più importante che godere a pieno di ogni istante, dalla nostra improvvisa nascita fino alla nostra morte prematura. Ce ne stiamo a guardare l’asfalto incandescente, le macchine parcheggiate a lisca di pesce, la fontana spenta al centro della piazza e un numero inimmaginabile di valigie, di tutti i colori e di tutte le forme; guardiamo in basso nella trepidante attesa che qualche altra nostra sorella venga su a capriole, oppure rapida come uno sbuffo di una pentola a pressione.
Ogni tanto qualche fortunata arriva sotto le sembianze di un cerchio quasi perfetto, e allora tutte in coro giù a dire: – Ohé! – come incantate dalla vista di una forma così rara e perfetta. All’inizio della nostra vita andava per la maggiore la teoria che le nostre sorelle-cerchio fossero una sorta di mutazione genetica, dovuta alla combustione troppo veloce dell’ossigeno, poi qualcuna di noi (se non vado errata, la dodicesima o la tredicesima sorella) ha scoperto invece che i cerchi non erano altro che il frutto di veri e propri trucchi dei nostri genitori. Qualcuno dei nostri padri è infatti in grado di padroneggiare una sorta di arte dei cerchi perfetti, e allora eccolo che fa una bella tirata da nostra madre, della quale riusciamo a vedere la sua capoccia sbrilluccicare e incenerirsi, e poi dalla bocca di nostro padre guardiamo uscire in perfetta fila indiana una decina di nostre sorelle appena nate. Ogni tanto, qualcuna di loro viene fuori a cerchio, ma di queste in poche riescono a sopravvivere: solitamente qualcuna di loro si perde strada facendo, altre invece non riescono proprio a salire, bloccate dai tetti delle case o soffocate dalle macchine che sfrecciano veloci sulla strada, mentre altre ancora (a dire il vero, le più sfortunate) vanno a sbattere contro i fili della corrente elettrica o rimangono intrappolate fra le antenne televisive, illudendosi fino all’ultimo di avercela finalmente fatta. Noi le vediamo salire, le incitiamo con tutta la foga possibile e vediamo le loro manine nebbiose che già si agitano per salutarci, ma poi neanche il tempo di prendere fiato che quelle piccole mani sono già scomparse, e con loro la maggior parte delle nostre fumose sorelle.
Tendenzialmente quassù non c’è molto da fare. Il miglior modo per impiegare la nostra vita è quello di accaparrarsi un buon posto per vedere che cosa capita giù sulla terra. Così, le più fortunate possono starsene a guardare i nostri padri darsi da fare con le nostre madri, cosa che solitamente accade nei momenti di attesa o di noia. Ogni tanto ci capita anche di vedere una ressa davanti alla biglietteria e sentiamo le proteste furiose della gente; ma la cosa che in assoluto ci piace più fare è ascoltare i fischi dei treni in partenza. Allora le nostre madri finiscono a terra, consumate e accartocciate, poi i nostri padri le schiacciano con la suola della loro scarpa. E mentre noi saliamo sempre più in alto, consapevoli del fatto che il nostro viaggio sta giungendo agli ultimi sgoccioli, ci guardiamo negli occhi e pensiamo all’infelicità della nostra esistenza, che non solo è breve e tutto sommato vana, ma anche crudele e insensata; una vita che in fondo dura il tempo che le nostre madri vengano consumate e poi uccise dai nostri padri annoiati.