Arrangiamenti a/di parole #1
Si vive al ritmo di una musica silenziosa, fatta di intervalli di parole e silenzi, scandita dal tocco leggero del respiro.
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Pochi centimetri di distanza, il tramestio costante del treno che ora accorcia, ora allunga lo spazio a dividerci. Un piccolo movimento impercettibile ed il mio gomito sfiorerebbe il tuo, un tocco leggero di lana su lana, tanto quanto basta per creare una scintilla d’elettricità; questione di una scossa lievemente più marcata e, ecco, che quel vuoto sarebbe colmato per un secondo, pieno di stoffa contro stoffa, scuse e convenevoli e, forse, un sorriso stretto.
A tracciare una linea retta che congiunga i nostri punti più vicini basterebbe un baffo di grafite, di quelli fatti per disattenzione sopra un foglio bianco, eppure quella che ci separa non è una lontananza colmabile dal tocco di una matita: è un vuoto gonfio di silenzio denso. Seduti uno accanto all’altra, siamo qui, vicini, punti su uno stesso piano la cui retta d’unione immaginaria è tanto breve da essere inesistente. Ѐ come la distanza tra E e F: il tempo d’aprir la bocca, inspirare, espirare, e richiuder le labbra in un tocco leggero; ma, proprio allo stesso modo, lo spazio di un sospiro non ci permette di toccarci, nemmeno sfiorarci per un attimo fugace.
Alzo gli occhi verso i tuoi capelli scarmigliati, seguo la dolce discesa del tuo naso, giù fino alla valle stretta delle tue labbra chiuse e lì rimango a fissare tutte le parole intrappolate all’ingresso di quell’incavo, le vedo accavallarsi, schiacciarsi fino a prender la forma di un fitto groviglio di segni neri, nessuno spazio bianco, nessun suono. Forse una o due sfuggono da una leggera fessura, dimenticata aperta chissà da chi, ma la loro è una traiettoria non lineare, segue volute stanche che si disperdono facilmente nell’aria e, sebbene sia la lunghezza giusto di un ciglio quella da compiere fino a me, neppure una mi raggiunge.
La vera forma del silenzio che ci divide, d’improvviso, non ha più l’inconsistenza del vuoto, del bianco, ma assume la trama complessa del nero, della pesantezza del non-detto, una caligine scura che come un muro divide il piano delle nostre esistenze in due parti distinte: io da questa parte e tu dall’altra, come E e F.