La sala da pranzo, se così si poteva chiamare, era piccola e accesa, colorata dai tanti quadri che erano appesi sulle pareti gialle. I due erano scesi a fare colazione con largo anticipo. Fu lei, poco dopo essersi seduti, a notare che tutti quanti ritraevano la chiesa di Monteu Roero e le altre poche case del paese.
Il tavolo del buffet era disposto in un modo tale che veniva da pensare che dietro ci fossero il gusto e l’amore di una donna. A preparare era stata sicuramente la proprietaria, che aveva messo le marmellate da un lato e aveva affettato il pane cercando di fare le fette tutte uguali.
– C’è anche la toma. E il salame!
– Ma tu ci riesci a fare colazione col salame?
Al centro della sala stava il tavolino, che era apparecchiato per due e disegnava una simmetria perfetta. In quel momento a lui sembrò una bella cosa. E anche tutto il resto, gli sembrò proprio una bella cosa: l’odore di casa, i troppi oggetti ammassati, l’aria che sapeva di polvere e umanità.
– Quando ero piccola disegnavo. Volevo fare anche un’accademia sai?
– Disegnavi? Io mica lo sapevo.
– Quando vieni a Portula da mia nonna ti faccio vedere tutti i disegni. Lei li ha tenuti tutti!
La toma era troppo buona per essere avanzata e il salame col caffè alla fine neanche ci stava male. La guardò mentre scopriva la marmellata al centro della brioche, poi accampò dei discorsi sugli ideali, sulle culture particolari, sull’omologazione. Erano discorsi che non andavano fatti di prima mattina, ma lui sentì che fu quello il momento di farli. Sentì quello, e tante altre cose.
– Correvamo nei prati e disegnavamo, quando eravamo piccoli. Lo sai quanto è importante questa cosa?
– Sì. Lo so.
Non si esponeva mai troppo su certe cose, forse perché non le importava, o forse perché aveva saputo cogliere il dono della contemplazione a scapito del peccato del giudizio. Il caffè era ormai un fondo freddo e scuro, così si alzarono e andarono verso l’uscita, poi fecero tutto quello che va fatto quando si lascia una stanza di albergo.
Il fumo della sigaretta ora saliva in alto, mentre il sole inaspettato di un ottobre troppo caldo scaldava la sabbia sul viale.
– Sai, vorrei vederti disegnare.
– Ma una volta lo facevo, adesso non mi viene niente.
– Vorrei lo stesso. Perché trovo che da un disegno di pochi minuti si possa capire una vita intera.
– Ok allora, magari un giorno disegno.
Si sfiorarono la mano e si guardarono intensamente, poi presero a camminare verso la macchina. Mentre la guardava, pensò alla bellezza di commuoversi per un colore, a quando da bambini ci si sporcava con le tempere, al bisnonno che suonava la chitarra dopo cena, a quanto dura una vita a parlare di notte senza dormire. Pensò a queste cose, mentre metteva in moto l’auto, e a tante altre ancora.