La ricchezza culturale Europea è uno degli elementi alla base del successo del continente nella storia.
Fu proprio l’Europa a scoprire le Americhe, sebbene già all’inizio del XV secolo la Cina avesse navi tecnologicamente più avanzate di quelle di Colombo. La differenza fu culturale. Colombo, non fortunato nel trovare supporto in Italia, trovò finanziamenti dai regnanti portoghesi, che si sentivano in competizione con i loro corrispondenti europei. Dall’altra parte dell’Eurasia, la flotta più grande che il mondo avesse mai visto (più di 3500 navi) fu prima ridimensionata e in seguito distrutta completamente per ordine di un solo Imperatore cinese (1).
I viaggi di Zheng He, che all’alba del XV secolo aveva già visitato gran parte di Africa, Oceania ed Asia, ebbero poco successo in patria, semplicemente per via dei gusti personali della famiglia regnante (2).
Fu la continua competizione tra i differenti stati europei a far fiorire arte e scienza, e a fare delle potenze Europee quelle dominanti nel panorama geopolitico mondiale fino al XX secolo (3).
La domanda è se questo storico vantaggio sia ancora valido al giorno d’oggi. A mio parere no. La così vasta cultura Europea oggi è un freno all’innovazione e allo sviluppo economico e sociale dell’Europa stessa. Perchè?
Per capirlo, vorrei partire da un paio di considerazioni. Dal 1975 ad oggi, l’Europa è stata in grado di “partorire” una sola azienda che sia entrata nella Fortune 500 – la lista delle 500 aziende più grandi al mondo (si tratta della spagnola Inditex, proprietaria di ZARA). Dalla sola California, che ha le stesse dimensioni economiche dell’Italia, ne sono nate 26 (4).
Se anche pensiamo al mondo degli “unicorni” – startup che valgono più di un miliardo di euro – parliamo di una realtà prevalentemente americana. Al momento della stesura di questo articolo esistono appena 13 startup Europee valutate più di 1 miliardo di euro, contro 85 americane e 28 asiatiche (5).
Come mai l’innovazione sembra aver abbandonato il Vecchio Continente? A mio parere per un motivo semplice: sono cambiate le regole necessarie per fare innovazione. In un mondo dove la guerra tra nazioni era la prassi, la regola era di innovare o soccombere. Solo la nazione con le armi più avanzate e l’ultima tecnologia agricola poteva sperare di diventare quella dominante sulle altre. Se anche un regnante fosse stato tanto folle da rifiutare l’innovazione, ne avrebbe pagato le conseguenze venendo surclassato dai suoi vicini. Un quasi-unicum storico (forse comparabile alla competizione tra le Poleis greche), che mise l’acceleratore all’innovazione tecnologica e culturale come mai era successo prima.
Oggi le regole sono completamente diverse. Innanzitutto l’innovazione non è più esclusiva degli stati, ma proviene anche e soprattutto dal settore privato. E’ sufficiente parlare con un qualsiasi imprenditore per capire quali siano gli elementi necessari a fare innovazione: un mercato il più grande possibile, politicamente ed economicamente stabile, nel quale scalare il più in fretta possibile il proprio prodotto o servizio. Gli Stati Uniti.
La diversità culturale Europea non ci aiuta più, oggi. Un imprenditore che parta in Italia ha incredibile difficoltà ad espandersi ed avviare una società di successo, rispetto ad uno che parta in qualsiasi area degli Stati Uniti. E questo per meri motivi quali il mercato più piccolo dal cui parte e le diverse lingue, le diverse leggi e i diversi usi e costumi che trova espandendosi da paese a paese. Senza considerare la tanto discussa avversità al rischio che tutte le culture europee hanno rispetto a quella americana.
Paradossalmente, l’hub innovativo più importante d’Europa è Londra. Una città che parla inglese, ed è così importante proprio perché l’innovazione che nasce lì può trasferirsi velocemente nei culturalmente vicini Stati Uniti – e non nella geograficamente più vicina Europa. Se guardiamo a Spotify, il più grande “unicorno” europeo, partendo dalla Svezia è sbarcato prima negli USA e solo anni dopo in Spagna.
Non è finita qui. Le diverse culture europee sono una barriera anche nella misura in cui limitano il superamento di loro stesse – ovvero limitano l’integrazione europea.
Ancora oggi in UE non esiste un mercato unico per i servizi, così come un’unione bancaria. Perché? Principalmente per motivazioni politiche. Da una mancanza d’identità europea deriva una bassa volontà della politica all’integrazione. Soprattutto dopo le crisi economiche e umanitarie che hanno piagato il continente negli ultimi anni. Così quegli strumenti politici ed economici che potrebbero aiutare l’innovazione non vengono adottati, o vengono adottati in maniera molto lenta.
Infine, le diverse culture europee alimentano anche un circolo vizioso. Gli imprenditori italiani, francesi, tedeschi, non hanno accesso alla stessa disponibilità di capitale rispetto alle loro controparti statunitensi, né allo stesso network ed al medesimo ecosistema. Il motivo? Di nuovo, la mancanza di un grande mercato unico, che non si può ottenere se non tramite una mancante volontà politica.
Insomma, l’Europa parte già strutturalmente svantaggiata rispetto agli Stati Uniti nella gara all’innovazione, e fatica enormemente a colmare questo gap. E le cose non stanno migliorando affatto. In primo luogo perché viviamo in un contesto di globalizzazione dove presto non ci troveremo più a scontrarci con gli USA ma anche con la Cina e le potenze asiatiche – che già, in termini di innovazione, dimostrano di superarci.
Secondariamente, perché l’innovazione vive cicli sempre più corti oggigiorno – e proprio per questo è più importante. Rimanerne fuori significa non accedere ad una delle leve maggiori di crescita economica e sociale.
La soluzione? Chiaramente andare incontro ad un’integrazione Europea per colmare il gap con gli Stati Uniti ed il resto del mondo. Una soluzione però politicamente difficile che non lascia tanto spazio alla speranza.
1: http://omniatlas.com/blogs/cause_and_effect/2011/countries-beyond-horizon/
2: http://afe.easia.columbia.edu/special/china_1000ce_mingvoyages.htm
3: Consiglio la lettura di “Armi, Acciaio e malattie” di Jared Diamond per una più approfondita analisi dei motivi sottostanti il successo della civiltà occidentale Europea sulle altre.