Ciao. Mi chiamo Lorenzo. Ho venticinque anni. Dei miei compleanni, solitamente, io non ricordo mai nulla. Non ricordo mai nulla perché, in fondo, non mi voglio ricordare di nulla. Il tempo che passa è una delle mie più intime preoccupazioni e Il compleanno è un giro di boa che mi sta stretto, che arriva sempre in un momento che proprio non mi va, che era meglio se mancava ancora un mese. E invece no, te lo cucchi a ottobre come ogni anno, com’è giusto che sia, come tutti d’altronde. Tempo di riflessioni, di considerazioni, di tirare le somme di quello che è stato, di pensare e sognare proiettati verso quello che sarà. Tempo per se stessi, per stare con gli altri, per sentirsi un po’ speciali, o perché no, uguali a tutti gli altri.
Ho venticinque anni. Mi sembra ieri che posso firmarmi le giustificazioni da solo in quinta liceo. Quest’anno, inutile dirlo, compiere gli anni è stato diverso. Ho raggiunto una tappa che sono quasi sicuro mi metterà di fronte a bivi, scelte, cambiamenti. Ma ci sarà tempo per pensarci, in fondo, sono venticinquenne da neanche un mese. Per ora so questo: ci sono delle cose che si sono materializzate nel mio cervello, e che sono sicuro mi porterò dietro per tutta la vita.
Una cosa che non scorderò mai del mio venticinquesimo compleanno è lo scrivere con un mio amico al bar la sera della mezzanotte stessa, ma soprattutto, lui che mi dice grazie, perché mi hai fatto fare una cosa che non avevo mai fatto, e il regalo me lo hai fatto tu; e mia madre, che mi guarda e mi dice: “Ehi, ogni anno che passa, io me ne accorgo da come cambia il tuo viso. È proprio vero, il tempo mi sembra come la sabbia fra le mani, non riesco a fermarlo.”
Ma c’è una cosa, una fra tutte, che mi ricorderò per tutta la vita: essere andato a trovare i miei nonni, averli salutati e come sempre esserci seduti al tavolo a chiacchierare. E per la prima volta, averli visti davvero invecchiati, con i loro sorrisi spenti e le mani che sembravano di cartapesta. Ma con una luce nel bianco dei loro occhi stanchi che non ha potuto far altro che commuovermi.
Come la sabbia. Hai proprio ragione mamma.
La guardo, poi penso ai miei nonni, alla mia famiglia. Nessuna persona al mondo mi guarderà come mi guardano loro.
Il tempo passa inarrestabile, hai proprio ragione mamma, come sabbia scivola tra le mani e non riusciamo più ad afferrarlo. Questo sì, mette paura anche a me. Ma, vedi mamma, granello dopo granello che sfugge rapido fra le pieghe delle mie dita, sento che ogni anno che passa, qualcosa riesco ad afferrare, qualcosa di minuscolo, mille volte più piccolo di uno di quei granelli: è la semplice voglia di guardarmi attorno, di illudermi di poter fermare gli attimi della mia vita semplicemente dandogli importanza, vivendoli con tutto me stesso, con la mia sensibilità, con la mia inadeguatezza, ma anche con la mia voglia di correre e non fermarmi, granello dopo granello, anno dopo anno.