L’ho conosciuta ad una cena da amici, un mercoledì sera a casa di uno di noi. Ognuno si è portato il suo gruppetto di conoscenze, tre o quattro al massimo. Così mi sono dovuto sorbire i soliti convenevoli che si fanno con quelle persone che conosci appena e che rivedi dopo tanto tempo. Non fraintendetemi: è piacevole avere un po’ di tempo con loro ma in queste occasioni sentiamo il bisogno di aggiornare la storia della propria vita per tappe all’altro, riassumere in poche parole quell’infinità di sensazioni, scelte e profumi che ci ha fatto continuare a muovere in tutti quei giorni; le persone che sono arrivate, quelle rimaste, quelle che sono andate via. Lo trovo svilente.
Reggo poco l’alcol, quindi alla terza birra sentivo già la testa leggera. Finito anche il dolce mi sono alzato e sono uscito a fumare una sigaretta.
-Posso?- mi ha detto lei allungando lentamente una mano lunga e affusolata verso il mio pacchetto di Lucky. Aveva i capelli corti, scuri. E lisci, come la superficie di un lago su cui non soffia nessun vento.
-Tu sei l’amica di Lucia, vero?
Con la mano sull’accendino ha annuito, poi fa ha scattare il meccanismo e si è accesa la sigaretta. -Mh-mh…
Ho seguito con lo sguardo la nuvola di fumo che si è levata, su fino agli occhi. Scuri tanto che nel sottile buio distinguevo appena l’iride dalla pupilla. Mi ha ringraziato della sigaretta, poi si è allineata con me contro la ringhiera del balcone. Riuscivo a percepire le vibrazioni del suo respiro, veloce e breve.
-Tu sei qui con Marta se non sbaglio.
-Non sbagli-. Mi sono stiracchiato, lei aveva lo sguardo fisso sulla porta. Sembrava sovrappensiero.
Poi è esplosa in un’espressione sorpresa, come se si fosse ricordata qualcosa. -Oh! Come va tra voi due? Siete, insomma… vero?-
-In realtà non stiamo più insieme. Però siamo rimasti buoni amici.
-Come mai, se posso chiedere?-
-Abbiamo scoperto di avere in realtà meno aspetti in comune di quanti ce ne aspettassimo. Ma va bene, è stata una decisione condivisa.
Si è sollevata dalla ringhiera, si è stirata il vestito nero ed è riatterrata al posto di prima.
-Intendevo dire “come mai siete rimasti buoni amici?”. Fa niente, tutto è andato per il meglio, sembra- ha detto mentre la scrutavo. Quella donna aveva qualcosa di inquietante, una temporanea assenza negli occhi. Poi, la sua anima si riaffacciava sul mondo, si guardava intorno per valutare la situazione e infine spariva di nuovo.
-Sì, direi- ho detto mentre cominciavo a muovermi verso il portacenere per spegnere la sigaretta. Non avevo nessuna voglia di stare a chiacchierare su come le persone riescano a ferirsi a vicenda, quindi programmavo di proseguire e rientrare in casa.
-Le persone sono come grandi sassi, con tante forme complesse che si incastrano tra di loro. Si lanciano addosso gli uni agli altri con tutta la forza che hanno sperando che la conca che hanno sulla pancia corrisponda alla semisfera di qualcuno, o che la piramide che hanno in testa si incastri con… un buco a forma di piramide.
Sono tornato alla ringhiera. – Io sarei un sasso?- ho detto ridacchiando – E quando non ci incastriamo? Che succede?-
Mi ha guardato e mi fatto una via di mezzo tra un sorriso e una risatina. Ha abbassato lo sguardo per poi rialzarlo verso la porta, di nuovo immersa nei suoi pensieri.
-Ci scontriamo e veniamo sbalzati indietro. Facciamo un gran rumore e alle volte ci scalfiamo, ci crepiamo e le nostre asperità spariscono.
Mi sono acceso la seconda sigaretta.
Lei aveva buttato la sua e non sembrava intenzionata ad entrare. Gliene ho offerta una seconda ma ha rifiutato.
-Sembra doloroso-
-Lo sai- Tu e lei… è come se dopo esservi scontrati foste rimasti vicini. Uno dei due deve avere colpito così forte che non è rimbalzato indietro; ha solo rallentato e si è portato sulla sua traiettoria l’altro. Ora siete appoggiati, tu su di lei, o lei su di te. Nonostante le forme non combacianti. Non ti sembra innaturale?
Mi sono completamente immerso in quella visione e prendevo tempo per tentare di capire cosa fossero quei sassi che cozzavano incessantemente.
-E se invece fossimo stati combacianti ma qualcosa fosse andato storto?
-Magari andavate così forte che pur combaciando, nell’impatto avete perso dei pezzi e ora non combaciate più. Poco importa: dopo una certa età, a furia di scontrarci e rimbalzare ovunque, diventiamo tutti palle, liscie e immobili.
È rientrata e mi ha lasciato solo con i sassi e il fragore dei loro scontri.
Quello, una birra da finire e magari una da stappare poco dopo. Sono tornato dentro a cercarne una fresca.