“Signor Kruze, lei non si ama abbastanza”
La donna dall’altra parte del vetro antiproiettile alza svogliata lo sguardo su di me. Ha sul volto un numero altissimo e imprecisato di rughe. Gli occhiali con la montatura rossa e vistosa sono come un pugno in un occhio, allungati sul lato superiore e con due piccoli brillantini alle estremità. Dubito siano pietre preziose. Sbalzano dal quadro prevalentemente grigio che ho di fronte, in una specie di rappresentazione teatrale grottesca il cui unico personaggio sta antipatico perfino allo sceneggiatore. La parete alle sue spalle, i capelli, perfino il colore della sua pelle. Tutto grigio. Gli occhi stanchi e annoiati sembrano presenti solo per dissimulare l’apparente piacere che la signora che ho di fronte sta provando in questo momento. Chissà quanti come me si saranno soffermati su quegli occhiali così odiosi, in momenti come questo.
Il completo color caffèlatte è immobile e non segue i movimenti naturali del corpo. Sembra quasi sia ancorato alla postazione.
“Vede, l’alcolismo, la disoccupazione e la sua tendenza all’uso di sostanze psicotrope non la rendono abile a compiere il suo servizio. È richiesto a tutti lo stesso impegno”.
La sua espressione facciale rimane uguale. Ciò che deve pronunciare non è altro che una semplice sequenza di suoni, nella sua testa. Pronuncia le frasi con una calma esasperante e le intervalla a lunghe pause.
“Come pensa che possa essere tollerato un tale comportamento? Lei è un parassita”.
Lo schermino rosso in basso a sinistra del vetro diventa all’improvviso verde. È il segnale: posso parlare.
“Ma vede, ho quasi smesso di bere e mi sto impegnando per cerc-” Torna rosso.
“Secondo i nostri archivi ha detto la stessa cosa tre mesi fa. Ancora non è riuscito a risolvere la sua condizione?”
Batte velocemente sulla tastiera del computer, fruga brevemente nella mia testa e nella mia storia.
“Non ha una relazione stabile dal 2015. Sedici anni di precarietà mentale ed emotiva non la turbano, Signor Kruze?”
Quali parole sono state scelte per descrivermi nel rapporto dettagliato che compare sullo schermo?
Sovversivo, recidivo, instabile? Forse inetto, pigro e trepido. Dice quali siano le mie opinioni, le mie passioni, i miei gusti? C’è la mia firma sul fondo del contratto?
Il giovane ben vestito di fronte allo sportello accanto mi squadra. Lo legge nel mio sguardo: Inadatto. Sembra preoccupato per me, ma in fondo in fondo so che prova per la maggior parte disgusto. In alto, sul soffitto, l’unica apertura sul mondo esterno lascia entrare un goccio di colore. Sono basso e magro. Avessi le ali, sottili e trasparenti come un insetto, volerei fino in cima e uscirei da quella finestra circolare. Nessuno mi vedrebbe, nessuno mi seguirebbe. Nessuno mi potrebbe chiedere qualcosa in cambio della mia esistenza.
“Lei è tenuto, tra le altre cose, a produrre almeno due figli. Come pensa di fare se non si innamora?” domanda.
“Beh, mica ci riesco a comando” sussurro. Lo schermo resta rosso, la signora non mi sente e nemmeno alza lo sguardo. Non si aspettava una risposta, evidentemente.
“Il prossimo appuntamento è tra 3 mesi. Dovrà portare la documentazione necessaria a provare che ha smesso di bere e di drogarsi. Inoltre dovrà fornire una lettera di raccomandazione del suo datore di lavoro, ammesso che lei riesca a trovare un impiego. Lei non riuscirà mai ad essere utile alla società se prima non impara ad amare. E non riuscirà mai ad amare qualcuno se prima non ama sè stesso. Le è chiaro questo?” Mi mostra un inquietante sorriso bianco e perfetto.
“Vogliamo tutti vederla felice, signor Kruze. Non lo vuole anche lei?”