I miei amici rossi là fuori si sentiranno stuprati nell’intimo per il mio latrocinio a Lenin, però è la prima cosa che ho pensato dopo aver ricevuto la pergamena con scritto il mio nome sopra. Eccola lì, la laurea è arrivata. Tutto bello, per carità, cinque anni e mezzo di sforzi che raggiungono il pinnacolo in un qlimax di io che parlo in inglese dicendo cose che capiamo io e qualche mio parente.
In questi giorni sono pure uscite le foto.
Sì, non avrei mai creduto ci fosse vita dopo la laurea. É come l’uomo che mette piede sulla luna e si chiede: “Ok, e ora? Marte quando ci arriviamo?”
Ieri ero in macchina, ero io, con tre amici, Chiara e un ingorgo. Sono quei momenti in cui sei totalmente preso da qualcosa e ti arriva la risposta a quella domanda che ti fai da tempo.
Sì. Dopo la laurea c’è vita. Ed è andare al lavoro.
Fine.
Ok.
Può sembrare una prospettiva deprimente e forse anche un poco depressa, ma è vera. Cruda, netta. Il lunedì si va al lavoro, fino al venerdì, poi c’è il weekend. La routine.
Mi sembra di essere tornato alle elementari. Conosci persone, ti trovi bene e tenti di capire come girarti in un mondo nuovo. Ora non ci sono più esami da dare, tesi da rileggere. Ci sono io, il mio futuro da costruire giorno dopo giorno, pian piano, imparando a fare qualcosa bene.
Sì.
Alla mia età Steve Jobs aveva già fatto il primo milione, per non parlare di Mark Zuckerberg. E io sono qui, con i miei sogni di gloria, tentando di tirare su un circolo di amici per avere un posto in cui divertirci e stare bene insieme.
Però, ora che ci penso.
Steve Jobs ha creato un mondo in cui tutti ci si deve sentire per forza unici, diversi, non conformi. Io, nei miei amici, invece, riesco a trovare la pace di sentirmi normale.
Con una birra in mano, un sorriso e un pallone fra i piedi.
Quindi, cosa c’è dopo la laurea? Lo stage? E dopo lo stage? Lo stage manager?
Non ne ho idea. Ma finchè qualcuno condivide con me questo pezzo della mia storia, so che la direzione è quella giusta.