Riflesso Pavloviano - TheCio

Riflesso Pavloviano

Entrare in un Decathlon mi portava sempre un sacco di sensazioni negative. Di solito ci finivo con mio padre quando doveva comprare qualche regalo atletico per mia sorella.

Giravo imbarazzato per le varie isole, sperando che nessuno mi vedesse parlare col quarantenne fisicato. Ho sempre avuto un grosso fastidio nel sentirmi fuoriforma. Mi guardavo intorno e mai come in quei momenti sentivo la ciccia in più come parte di me. Sentivo come le magliette tiravano sulla panza, quel lieve rivolo di sudore perchè avevo mosso il sedere qualche metro in più del solito.

Mi ostinavo a nascondermi dietro a delle scuse: “non ho tempo”, “poi andrei peggio all’università”. Scoprì che l’unica “scusa” che non era tale era quella che ad alta voce non dicevo: “non ne ho la forza”. Ma questa è una storia per un altro momento. Non avendo fatto mai attività sportiva in modo continuativo per più di tre mesi in vita mia mi è sempre stato difficile iniziare.

Me ne contavo tante tante. Ma quella brutta sensazione di disagio rimaneva e non se ne andava neanche quando uscivamo. Mi sentivo ancora più grasso di prima, ogni rotolo mi pesava il doppio se non il triplo. Non parlavo e mi chiudevo nella lettura o nel 3Ds. Senza spiccicare parola per ore. Neanche e sopratutto con me stesso. Avrei dovuto ammettere che mi dava fastidio essere così diverso dagli altri.

Il problema è che quando arrivo a rendere mio qualcosa, faccio davvero fatica a stare fermo.

“Il tuo problema non è che non sai ascoltare, è che proponi sempre una soluzione.”

Per me non esiste intraprendere una strada una volta che essa mi si presenta davanti. Non so quanto questo mi faccia bene o sia utile, ma è una delle parti a cui tengo di più e non ho intenzione di lasciar perdere nel breve termine.

Così, gli anni passano.

Domenica mi ritrovo in Via Dante a Milano per l’università. Da lontano vedo Decathlon. Prima che possa rendermene conto e protestare entro dentro. Seguissi l’istinto correrei fuori urlando. Come un coniglio nella tana dei leoni. Come una piccola sardina smarrita. Poi mi guardo allo specchio.

Certo, ho due braccine. Ok, un po’ di panzetta ancora c’è. Ma complessivamente potrebbero prendermi per uno a cui questi articoli interessano effettivamente. Così pian piano inizio a toccare, prendere in mano le scarpe da corsa. Guardare i pesi. I tapis roulant. Senza sentirmi male.

Devo ammettere che un pochino mi veniva da piangere. Da fuori deve essere stata una scena veramente strana. Un ragazzone che tocca dei manubri e dei pesi con gli occhi lucidi. Non mi sentivo fuori luogo. Mi sentivo finalmente come qualunque altra persona in quel luogo.

Cerco e trovo un paio di scarpe comode e abbastanza sobrie per andare al lavoro senza sembrare Dr.House. Il giorno in cui avrò un mio ufficio potrò permettermelo, ora sono l’ultima ruota del carro e come tale mi comporto.

Oggi mi ritrovo a francese. Ogni tanto mi stupisco per essere in grado di dire quello che provo. Solo che non ci riesco con chi vorrei, in italiano faccio fatica. Ma se mi fate parlare in un’altra lingua sarò sincero. Parlavamo se essere pessimisti o ottimisti a riguardo del futuro. Me ne esco con questo: “Non è questione di pessimismo o ottimismo, ma di mettersi sotto. Se ogni giorno si fatica, ci si impegna e si fanno sacrifici prima o poi qualcosa si porta a casa.”

“Quindi sei ottimista.”

“Non penso: se uno va in palestra tre volte a settimana forse dopo un anno inizierà a vedere qualche risultato decente. CI vuole pazienza e tanta voglia. Però alla fine qualche risultato arriva.”

Di strada ne ho da fare. Ancora adesso provo sensazioni negative in certe situazioni quando non ne ha più senso, purtroppo o perfortuna non saprei dirlo.

Ma son convinto che fra qualche anno tutti questi brutti riflessi che mi porto dietro saranno stati sostituiti da riflessi migliori. O almeno, io ci provo.

Decio.

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

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