Lemon Cake, Settembre 2010 - TheCio

Lemon Cake, Settembre 2010

La cameriera passando mi ha riempito la tazza di liquido bollente nero, ho ordinato due fette di torta al limone. Quando sono arrivate ho notato che la tua aveva la panna a forma di cuore, la mia era invece una macchiolina sformata. Sorridevi, hai detto che tanto la panna non ti piace. Ti ho accusata per l’ennesima volta di essere figlia del demonio. Hai tirato fuori il campione del colore di cui volevi dipingere il soggiorno. Era verde mare, pastello, tenue. Mi piaceva. Non che mi importasse tanto di che colore fosse la sala o di che colore fosse qualsiasi altra stanza della casa. Ma il fatto che mi piacesse ciò che sceglievi per entrambi mi faceva sentire al sicuro.
La radio sul bancone lasciava urlare due uomini che si scagliavano contro il gelo che stava per arrivare. “L’inverno più freddo degli ultimi quaranta anni!” dicevano, “Preparatevi ad alzare il riscaldamento!” continuavano con lo stesso identico tono sensazionalistico.
“… ho parlato col vicino, ha detto che può darci una mano lui con i lavori in casa. Dovremo offrirgli una bella bevuta, o almeno una cena come si deve. Sai, visto che è solo non può che fargli piacere avere un po’ di compagnia, non credi? Chissà dov’è lei, la ex. A lavoro mi hanno detto che è scappata con uno più giovane, sono andati a sud. Incredibile”.
Avevi fatto una faccia disgustata. I due della radio ora discutevano dell’incidente avvenuto sulla statale qualche sera prima. Due famiglie spezzate, l’orrore che aveva scosso una cittadina di poco più di diecimila anime.

“Mi stai almeno ascoltando?”

Ho abbandonato quella mattina, mi sono ripreso e ho saltato i sei anni successivi. Uno immagina e vive – o rivive – una vita intera nella testa, poi si ricorda che è tutta una fantasia ed è costretto a tornare al livello superiore, a vanificare quello sforzo mentale.
Alle volte mi sono chiesto se tutto non fosse altro che una fantasia. Magari avevo solo immaginato quella vita, quel mondo. Magari stavo ricordando un passato in maniera così nitida da poterlo rivivere. Magari semplicemente nessuno mi aveva ancora detto “Mi stai almeno ascoltando?”.

“Sì, ci sono. Continua” ti ho detto.
“Ha. Sei incredibile”, il tono acido era tradito dal sorriso e dallo sguardo morbido che mi stavi posando addosso. Era quasi peggio che vederti incazzata. Quel sorriso significava “Non cambierai mai, ma questo non mi riguarda più”.
Era sicuramente peggio.
“Torno ancora domani a prendere le ultime cose. Solita ora”.

A cura di Emanuele Ferraris

Mi piacciono la musica, le droghe leggere ed evitare le mie responsabilità.

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