Ci sono certi momenti in cui non possiamo fare altro che aspettare. Non dipende nulla da noi, quello che potevamo fare l’abbiamo fatto e bisogna solo trovare le energie e la pazienza per non impazzire.
Non pensare a tutti i possibili scenari, non arrovellarsi su che cosa potrebbe accadere e cosa potremmo fare per poter risolvere eventuali ed ulteriori problemi. Evitare di uccidersi da soli, lentamente, come la tortura cinese della goccia d’acqua.
Allora, per evitarmi crisi d’ansia e di passare dei brutti quarti d’ora, negli anni, ho trovato una soluzione: mettere a posto le carte. Non è una metafora, ma un atto molto semplice. Apro le scatole di carte in cui tengo le mie “carte di Magic” e le organizzo, le divido, le analizzo.
Magic è uno di quegli hobby da ragazzi bianchi mediamente benestanti, che una volta sarebbe stato definito “da nerd”. Un tempo, quando essere “nerd” significava ancora qualcosa.
Ogni giocatore si crea un “mazzo” di carte personalizzato, rispettando certe regole, in base al torneo a cui intende partecipare. La caratteristica principale di questo “gioco”, è che le carte “singole” hanno un valore economico anche molto alto, che può variare nel tempo, proprio come un pacchetto azionario.
In questo modo, appunto, il valore economico e anche di “potenza” della carta varia con il tempo, in base alle regole dei tornei, ad eventuali modifiche nel regolamento del gioco o a nuove carte con interazioni molto forti con carte di anche decine di anni prima.
Quindi, mi trovo lì, davanti a quelle scatole, e cerco di ricordarmi quale criterio avessi usato la volta precedente: valore economico? Valore affettivo personale? Tipo di carta? Tipo di disegno? E via di seguito.
Metto una serie tv, preferibilmente vecchia, di sottofondo, e inizio ad aprire le scatole, analizzare, mettere in ordine. La mente si spegne. Il cellulare suona e non rispondo. Ogni tanto controllo che arrivi la risposta che sto aspettando e butto un occhio a “che ore sono?”. Dedico totalmente la mia mente a qualcosa, chiudendo quel rumore di sottofondo, sia esso la realtà fuori o la realtà dentro di me. Tutto diventa più chiaro e i mostri tornano ad essere vita normale e quotidiana. Concetti come “vita”, “morte”,”futuro”,”malattia”, si ridimensionano e se prima erano “più grandi” della vita stessa, ne tornano ad essere semplici componenti.
Il tempo passa, e riesco a non farmi distruggere dai pensieri. Da che cosa potrebbe succedere e da dove potremmo finire. Così, una carta dopo l’altra, arriva il verdetto, il risultato, e sono pronto ad affrontarlo.
E le carte rimarranno lì, ogni tanto ci giocherò, ma quando avrò bisogno di quella calma e lucidità, saranno lì.
Se una volta mettere a posto le carte era solo una gran rottura di scatole, se una volta mettere a posto camera mia era un obbligo, ora, per carità, non è una avventura gioiosa e divertente, ma pulisce la mente.
Per poter cercare di vivere questa strana vita da mezzi adulti.
Decio