La vergogna di chiedere aiuto. - TheCio

La vergogna di chiedere aiuto.

Matteo Salvini dice “Inaccettabile che 20% degli italiani faccia uso di psicofarmaci”, portando come causa di questo dato la situazione economica. Posso capire che si senta ispirato dalla crisi degli oppiacei Usa del suo amico Trump. Questa esternazione è l’ennesimo attacco a chi già fa fatica a cercare aiuto negli altri.

Le preoccupazioni

Ora, penso già alle preoccupazioni di chi mi è vicino nel leggere che esternalizzerò anche questa parte della mia vita privata. Ma un blog ed i social servono anche a questo e no, non me ne vergogno (più). Spero che anche solo una persona leggendo queste righe si senta un pochino meglio e un poco più compresa nel suo essere fragile. Che non vuol dire essere debole.

La storia, parte prima

Sono sempre stato una persona con una bassa stima di me stesso. Nell’aprile del 2015 un evento scatenante mi fece crollare il mondo addosso. Tutto quello che pensavo di sapere sulla mia vita, i miei sogni, le mie speranze, la mia stessa persona si infranse contro la realtà. Riuscii a reggere l’urto per uno/due giorni aiutato da amici e familiari, ma (era un venerdì pomeriggio), mi ritrovai bloccato nelle coperte del mio letto. Incapace di vedere un domani. Immobile. L’ansia non era più solamente una costante a basso volume, era diventata talmente alta da essere diventata la parte integrante della mia vita.

L’evento in sé fece solamente crollare il castello di carte che avevo costruito, distruggendo tutto. Ero lì, in casa mia, circondato dall’affetto dei miei familiari e dei miei amici, incapace di sentire nulla. Erano mesi che quel momento aspettava l’occasione giusta per presentarsi. Dal giorno della mia laurea triennale era lì, che girava, avido, aspettando il momento opportuno per colpire e distruggere tutto. Annientare. Farmi sentire il nulla.

Avevo colmato il vuoto dandomi agli altri senza far rimanere più niente per me stesso, avevo saziato l’ansia con il cibo. Ero diventato una pessima versione di me, le cui azioni erano guidate ogni giorno dalla paura di deludere me e chi amavo, cercando di riempirmi di cibo per sentirmi tranquillo, a pancia piena. Ora, non che io sia mai stato un figurino, ma presi 15kg in circa un anno e mezzo. Sapevo benissimo che tutto questo era delirante e che dovevo smettere. Le persone intorno a me si chiedevano se tutto andasse bene, se stessi bene. I miei amici, scherzando. La mia famiglia, facendomi notare che forse “mangiavo un po’ troppo”. Così i giorni passavano e io, pauroso e vergognoso, facevo finta di niente.

Lo schifo

Mi facevo schifo. Ma così schifo che pensavo che fosse tutta una mia paranoia mentale, che nessuno dovesse passare anche solo un secondo del suo tempo a darmi una mano, perché ero un essere talmente infimo che non meritava neanche un secondo del tempo degli altri.

Più ingrassavo, più mi facevo schifo. Più l’ansia mi teneva sveglio la notte e rovinava i miei rapporti, più mi sentivo incapace di averne uno. Più gli altri mi chiedevano, più io davo, inconsapevole di cosa stessi dando davvero. In un circolo vizioso senza fine mi ero svuotato, divenendo un guscio vuoto e grasso di ciò che ero, annientando la mia essenza. Giorno dopo giorno.

E questo nel più assoluto silenzio. Accadeva intorno a me.

Mentre scrivo

Ora, digitando queste righe, mi continuo a chiedere se sia un bene e mi vergogno di me stesso e di dove ero arrivato e ho paura a condividere tutto questo. Invece, vado avanti. Perché se sei arrivato/a a leggere fino a qui, ti meriti tutta la storia.

E così, iniziai anche a scrivere e pure questo blog. Una rubrica. Chiamata “Alla Fine”. Il cui fine sarebbe dovuto essere, in origine, un post molto simile a questo. Ma la vergogna mi aveva fermato. Dopo tutto, ora sto bene. E quindi, a che pro ammettere di essere stato annientato qualche anno fa?

Torniamo alla storia.

La storia, parte seconda

Non ricordo se su spinta di altri o di me stesso, alla fine mi ritrovai magicamente di fronte ad uno psichiatra nell’Ospedale di Biella. Ancora oggi lo ringrazio per non avermi fatto sentire più schifoso e matto di quanto mi sentissi già. Di aver normalizzato la mia situazione e di avermi sostenuto. E lì, ancora oggi, ringrazio me stesso, per aver superato la vergogna di chiedere aiuto e di ammettere di avere un problema.

Ora, di tempo ne è passato. Tralascio le ricadute, i percorsi iniziati ed interrotti, perché sono temi noiosi e, per chi vuole, ne parlo volentieri a voce. Oggi non prendo più medicine perché mi hanno sostenuto e permesso di iniziare un percorso di psicoterapia, che faccio, circa, ogni sabato mattina e di cui, ad oggi, sono piuttosto orgoglioso. Sono riuscito a cambiare e a migliorare dove volevo.

La vergogna, ancora oggi

Tutto vero e tutto bello, ma una parte di me ancora oggi se ne vergogna e non riesco, ancora a rispondere in modo naturale alla domanda “da che dottore vai al sabato mattina”. E nicchio, invento balle incoerenti, perché benchè sia veramente orgoglioso ancora oggi un po’ mi vergogno di dovermi far aiutare a vivere la vita di tutti i giorni senza tramutare tutto in una tragedia e rimanere la notte sveglio in preda all’ansia e all’odio di me stesso. Però, pian piano, ce la sto facendo.

La vergogna non più, domani

Un giorno spero di poter aiutare tante altre persone che si sono trovate nella mia medesima situazione ad ammettere di avere un problema e nel sentirsi tranquilli, sereni, accettati. A casa.

Chiudo, liberandomi di un peso, mettendolo bianco su nero.

Una parte di me ancora è terrorizzata, ma quando il mondo rema contro, io, ancora, mi ergo.

E quindi, caro Matteo Salvini, noi italiani che abbiamo preso/prendiamo psicofarmaci, non lo facciamo perché “stiamo male” e siamo “poveretti”, ma perché vogliamo smettere di stare male e iniziare a stare bene. Per davvero.

Luca Decio

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

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