Lacrime - TheCio

Lacrime

Le lacrime possono essere fredde. Un gelo che neppure l’abbraccio di qualcuno può scaldare. Ti svegli alle quattro del mattino, nel tuo letto. Sotto le coperte. Tremi e piangi. Non ti liberi di nulla. Puoi solo sentire dei fiumi gelati calcare le tue guance. Quando intorno a te un inferno brucia un sacco di cose, speri di essere scaldato un pochino dalla loro scomparsa e invece non cambia nulla. Come il protagonista di un videogioco, ti trovi estraniato dalla tua realtà, agendo in modo totalmente inconsapevole. Guardando dall’alto. Schiantandoti inconsapevole contro guardrail di benzinai sperduti in Veneto.

Ad un certo punto la temperatura si alza. Gli occhi si iniettano di rosso. Sprizzano fiamme che come lapilli cadono. Bruciano, scottano. Un corpo intero in fiamme che corre. Senza sapere dove sta andando, con chi ci sta andando e perchè sta correndo. Rabbia, odio, muscoli tesi. Urla nella notte contro un cuscino. Altre fiamme. Questa volta volontarie. Non lasciano posto a fredde ceneri, ma alimentano ancora di più il fuoco dentro. Pian piano ricominci a prendere coscienza di te stesso. Rientri nel tuo corpo. Provi un’emozione simile a quando metti gli occhiali. Un attore stanco del suo ruolo prende la sua maschera e la getta per terra. Prende coraggio. Con un pestone la rompe a metà.

Non le senti neanche più. Il tuo cuore è anestetizzato. Distacco. Da tutto. Da tutti. Si chiede quando smetterà di piangere, anche se non sente più nulla. Bruciando, si è creato un nulla immenso. Non un buco nero. Semplicemente l’assenza. Non la mancanza. Il vuoto nella sua essenza più pura: non tale perchè non vi sia qualcosa, ma perchè si decide che non vi sia nulla. Bisogna ricostruire. Significherà lacrimare ancora. Talvolta scegliendolo, altre volte saranno gli altri a sceglierlo per noi.

Cambia la ragione. Lacrime per un qualcosa che non si vuole spezzare e rovinare. Ci sono fiori che sarebbe bello cogliere per portare con sè, a casa. Rimirarli, passarci del tempo. Invece no, si decide di osservarli a distanza, apprezzando il loro ritorno in un terreno che era aspro. Però si piange. Cazzo se si piange. Consapevoli che rimarranno un fiore, che basterebbe che qualcun altro arrivasse e lo cogliesse e esso se ne sarebbe andato per sempre. Di nuovo.

Anche questo, drammaticamente, però passa.

Ti ritrovi nel tuo letto, alle quattro del mattino. Per la prima volta non sono i tuoi incubi, il sudore o la rabbia a farti urlare. Ma il tuo gatto. Guardi il cellulare. Vieni travolto, volente o nolente, da una ondata di consapevolezza. “Ricordati chi sei”. Parole di amici e familiari che fino a quel momento avevi ascoltato. Annuito. Avevi provato a fare tue. Bene, quella notte, tue lo sono diventate.

Soffrire è una scelta. Si può voler soffrire, continuare a indossare la larva del condannato. Bisogna decidere di uscire dalla propria gabbia. Specialmente se ci sono state regalate le chiavi. Certo, per quelle chiavi hai versato fiumi. Ora le hai. Ti alzi. E finalmente vedi un po’ di luce e capisci che la tua ombra è parte di te. Ma non non sei solo lei.

Allora, pian piano, senza accorgertene, ti ritroverai a piangere. Non di tristezza. Non di rabbia.

Lacrimerai perchè ti accorgerai di essere vivo. E che, alla fine, nulla è meglio di vivere la propria vita.

 

 

 

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

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