Ciò che diamo per scontato. - TheCio

Ciò che diamo per scontato.

Fin da quando sono adolescente ho sempre trovato fastidioso il mese di dicembre. Capodanno per me è sempre stata la festa per due motivi: avere accanto persone con cui sto bene e, soprattutto, la fine di dicembre.

Una volta, quando ancora mi definivo credente, prima di cadere nel baratro della confusione e del cinismo, c’era almeno il Natale che mi tirava su. La Messa di Natale, la Comunione di Natale. Momento in cui tutta la comunità si riunisce, malgrado le antipatie e i casini degli anni passati e si celebra la Nascita. Sì, dell’essere credente e praticante mi mancano ogni tanto questi momenti collettivi.

Oggi è l’otto dicembre. Avrei potuto decidere di starmene chiuso in camera con il mio mostro e giocare a rinfacciarci gli errori, invece sono sceso a dare una mano a fare l’albero. Sin da ragazzino questo periodo per me ha sempre significato assenza. La mia Famiglia è grande, per ovvie questioni logistiche bisogna sempre decidere, muoversi, insomma non mi è possibile fare la cena della vigilia da una parte e il pranzo del 25 da un’altra. Assenza e una malinconica invidia verso chi tanto si lamenta di passare quelle giornate in famiglia. E un grande senso di colpa, perché ho una fortuna doppia rispetto agli altri e non riesco ad apprezzarla.

In questi anni c’è sempre qualcuno che prova a farmi apprezzare, che non capisce la mia assenza di entusiasmo e i miei deliri anti capitalisti (che poi, proprio io su tutte le persone dovrei solo stare zitto). Oggi nessuno mi dice niente e anzi chi mi è vicino capisce anche troppo bene perché non riesco a dire una parola, perché vago per casa con un fazzoletto sperando di trovare una soluzione ad un raffreddore che sembra proprio non volersene andare.

Con consapevolezza oggi ho messo un piede davanti all’altro fino ad arrivare a quell’albero, con tutto il significato che esso si porta dietro. Felicità, Spensieratezza, Vita. Il Presepe a lato, che in casa mia apprezzo, vedendo la cura e la perizia con cui tutti partecipano, io osservando e sorridendo. La mia sorellina più piccola incazzata con mio fratello mi fa compagnia mentre prendo un the per scaldarmi.

Così sono lì, che mi soffio il naso e asciugo gli occhi. Questa volta mi limito a mettere la mia stella blu. Penso di averla fatta ad otto anni. Sopravvissuta a tutti questi Natali, un po’ ammaccata ma la sua porca figura la fa ancora. Blu: il mare, il blues, l’infinità della profondità che cela e nasconde. La guardo e mi sorprendo: con tutti gli oggetti che ho perso, incredibilmente ogni Natale riappare e trova un suo posto fra gli addobbi che questo Natale ci sono, quello prossimo magari no. Cazzo, malgrado tutto lei c’è ancora. Concentriamoci su di lei.

Porca di una miseria. Per me il Natale è la festa di quanto diamo per scontato. Una grandissima serie di rotture di balle che ci sembrano essere un supplizio continuo, la delusione del ricevere un regalo scontato quanto invece si sono passate ore a meditare, la rabbia del dover fare quell’ennesimo sorriso falso per Via Italia quando invece hai solo voglia di spanciarti sul divano e farti una sigaretta anche se non fumi. Però tutto questo, nel suo essere iperbolicamente una manifestazione di affetto e volontà di “essere buoni ALMENO a Natale”, un suo aspetto umano lo ha: è l’esagerazione, il dare così tanta importanza a concetti importanti.

Per chi, come me, voler bene alla propria famiglia, ai propri amici, alla propria compagna, curarsi di loro, è una preoccupazione abbastanza giornaliera (non nel senso che lo faccio, ma che se non lo faccio mi sento una merdina), tutto questo volersi bene natalizio risulta vuoto e vano. E invece no. Perché ci si può ritrovare da soli, perché non è detto nulla. Diamo per scontate un sacco di cose.

La casa, l’avere un posto caldo a cui tornare, la macchina, il compagno/la compagna, la famiglia, i parenti, i regali, il lavoro, le ferie, l’incontrare quella persona che tanto ci sta antipatica ma dobbiamo schiaffarci un sorriso in faccia, il cibo di Natale. Quando anche a Natale ci sarà quel ragazzo con il cane a Porta Romana che chiederà €5 per farsi un viaggio e chiudere tutto il mondo fuori. Quando la gente continuerà a morire, soffrire, chi non ha una famiglia continuerà a non averla, il male non dorme mai.

Perché ciò che diamo per scontato possiamo perderlo in qualunque momento: per colpa nostra, per volontà degli altri, perché la sfiga ci mette il suo, perché veniamo presi per i fondelli, per altri centomila motivi. Sì, il Natale è una festa capitalista, sì, andare a comprare i regali è una bella rottura di coglioni, sì, il dover sorridere quando dentro si ha solo un mare nero che preme per uscire è una bella fatica. Ma ringraziamo che questi sono i nostri problemi, facciamo quella piccola azione quotidiana natalizia, anche se solo a scriverlo mi fremono le mani.

Chiudendo questo pensiero, non sarò certo più leggero, più buono o mi metterò un vestito rosso e andrò a distribuire caramelle in giro (dannata voglia di vivere adolescenziale). Di certo però cercherò di apprezzare di più quello che mi viene regalato, mentre io ultimamente sto regalando ben poco a chiunque.

Decio

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.