Recensioni sulle emozioni che qualcosa ci scatena dentro. Fatte da un non esperto, un superficiale, un consumatore di emozioni.
Quando ero un ragazzino detestavo il rap italiano. Non potevo sopportarlo. Sentire Club Dogo mi faceva venire i brividi. Fibra mi sembrava un pirla pelato. L’unico rap che rispettavo era quello americano, e mi spaccavo di Eminem e 50 Cent, alternandoli agli Slipknot. Che vengono, in un certo qual modo, anche loro da quel mondo di parlato sulla musica.
Ora, per carità, continuo ad essere un ragazzino. Da due anni sto mangiando quantitativi di musica italiana osceni, per la quantità e per la qualità. Mi sono appassionato e ho scoperto di sapere a memoria tutte le hit di Fibra degli anni 2000. A memoria. Fingevo di detestarlo, ma le canticchiavo TUTTE.
Ora, a mezzanotte, è stato rilasciato Fenomeno. Io di musica ho sempre capito poco. Ho provato a suonare la chitarra per un anno con risultati terribili. Quindi, non aspettatevi nessun commento tecnico o da chi di musica “ne capisce”. Io non capisco proprio niente di musica.
Quando ho visto la tracklist mi presi malissimo a leggere un featuring con i Thegiornalisti. Bene. Ricordo che ero in palestra, feci uno screenshot e lo pubblicai nella chat dei miei amici, allegata la mia somma delusione.
“Pamplona” è subito il mio pezzo preferito del disco.
“Beviamoci su che qualcosa qui non funziona, siamo come i tori a Pamplona”.
Sapete, quando aspettate che vi arrivi un segno dall’alto, un qualcosa, una chiave di volta per rispondere ad una serie di domande che avete dentro di voi a cui non riuscite a dare risposta? Ecco. Questo pezzo coglie tutto quello che sto vivendo in questo preciso momento della mia vita.
Uno skit con Roberto Saviano (che non è un vero e proprio pezzo, parlato e basta su di una base), che parla di legalizzazione. Non so come pormici. Poi, sinceramente, non ricordavo che Saviano avesse una voce così figa.
Fibra è un uomo di quarantanni e parla precisamente a me di ventiquattro. Quegli stessi problemi, quelle stesse sensazioni di inadeguatezza, di mancanza di un posto nel mondo, dell’avere un’arroganza del sapere chi si è e comunque essere come un cerchio che prova a riempire il quadrato che la società il mondo vuole da lui. “Invece no”, “Ogni giorno”, parlano di questo. Anche se manca quel tiro che c’è in Pamplona.
In “Money for Dope 2017″ Fibra parla dell’eterno binomio soldi e droga. Soldi come droga, che ti fa comprare cose che non ti servono. Cose, non libri, non dischi, cose. Cose che non riesci a definire, ma sai solo che lì ci finiscono i tuoi soldi. Droga, soldi, spendere soldi in droga, droga dello spendere soldi.
In Cronico torna il tema del non sapere cosa si sta facendo, del farlo per una “fama”, una “aspettativa” che viene da fuori e non da dentro, o almeno così ci piace pensare.
“Lascia Stare” è la versione italiana di “Till I Collapse”. “Se ti dicono lascia stare, tu che fai, lasci stare?”. Quanto fomento.
Poi si chiude con “Nessun Aiuto” e “Ringrazio”. Lì, arrivo, e sento una profonda comprensione per un uomo che affronta ancora i suoi demoni e combatte. Oggi, da uomo, da quarantenne, arriva e finalmente ne parla.
Dei suoi mostri, con occhi umani. Chi ha visto Bojack Horseman lo sentirà nelle parole di Fabri Fibra. Posso solo immaginare la fatica che ha fatto a stare zitto per tutto questo tempo. Però, alla fine, ne parla.
Questo disco è la storia di un Preso Male. Ogni tanto vivi momento di euforia, in cui ti senti Dio. Negli altri perdi completamente il pezzo, ti senti in balia degli altri, senza essere in grado di fare nulla. Sentendo di non meritarti nulla di quello per cui hai cagato sangue.
Fabri Fibra. Fabrizio Tarducci. Io di anni ne ho 24. Ma ti capisco. Mai smettere di fare.
Lo trovate cliccando qui su Spotify. In alternativa potete comprare il disco.
Decio