Recensioni Emotive #2: Linkin Park, One More Light - TheCio

Recensioni Emotive #2: Linkin Park, One More Light

Recensioni sulle emozioni che qualcosa ci scatena dentro. Fatte da un non esperto, un superficiale, un consumatore di emozioni.


Ok, vado dritto al punto. Questo album dei Linkin Park non mi è piaciuto. Quindi nelle prossime righe tenterò di giustificare un album del genere con una serie di ragioni che mi sembrano avere senso, o meglio, una serie di ragioni a cui io voglio credere per cercare di trovare un senso.

Sì, gli ultimi album non sono neanche nella mia top 20 di album preferiti. Sì, la maggior parte delle canzoni non mi piacciono, ma ogni CD ha quelle due o tre tracce che cazzo, prendi e sbatti fuori tutta la tua rabbia e la tua frustrazione.

Loro, sono cresciuti, direbbe qualcuno che di musica ne capisce più di me. Io, invece, direi che se voglio ascoltare i Bastille o gli Imagine Dragons, ascolto loro.

No, non affronterò traccia per traccia l’album, perchè sono quasi tutte abbastanza uguali. Ce ne sono due dove finalmente Mike Shinoda torna a rappare (o qualcosa del genere) ed incredibilmente la più bella è Heavy, infatti sono stati aiutati nella stesura del testo da Julia Michaels e Justin Tranter, che hanno partecipato a canzoni di Justin Bieber, Selena Gomez e Gwen Stefani.

Ok.

Lo ammetto.

A me l’ultimo di Justin Bieber piace pure, Gwen Stefani è una grande, va bene, però, non è quello che mi aspetto dai Linkin Park.

Loro sono diventati più grandi, hanno trovato il coraggio di sperimentare, di lanciarsi in un qualcosa di nuovo e diverso per loro. Io volevo semplicemente avere una decina di tracce per sfogarmi e correre, pompare i muscoli o scrivere con l’energia nelle dita.

Ascoltandolo una seconda volta, provando a sentire i testi delle canzoni, sono riuscito a farmelo piacere un poco di più. I testi sono forti, hanno un significato chiaro che la band si porta dietro fin dai primi EP. È cambiato il modo di comunicarlo, ma è sempre lo stesso.

Un dolore forse un poco più maturo, più vissuto, più consapevole.

Capisco che una band abbia anche le palle piene di suonare sempre le solite canzoni. Ci sta, è giusto. Urlare Numb In the End per venti anni, capisco che dopo un po’ ci si rompa le palle. Ma se altri gruppi sono capaci di innovare non perdendo quell’energia, quella voglia di urlare al mondo, e loro no, una vocina che dice “commercialata” inizia a sussurrarmi nelle orecchie.

Io ci spero, proprio, che live usiate anche le chitarre.

CI voglio credere.

Per dare un ascolto, qui il link di Spotify.

Decio

A cura di decio

Ho studiato economia, alla ricerca della strada della mia vita. Nel frattempo scrivo, leggo, ascolto musica e gioco ai videogiochi.

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