“Ragazzi, ho due vie davanti:
- O dire uffa ma cosa c’è ce non va in me, ma sono io o sono loro?
- Catafottermene il cazzo e vivere alla grandissima come cazzo pare a me.”
Conversazioni fra amici che si ripetono in contesti e luoghi diversi. Con il tempo ho capito che sono queste le persone con cui mi trovo a mio agio.
Quelle che se ne strasbattono.
In un mondo di convenzioni sociali, dove se non appartieni alla categoria dei bomber, di quelli che ce la fanno e ce l’hanno fatta, vieni guardato con un’aria sarcastica, io preferisco aderire alla seconda categoria.
Di quelli che se la vivono un po’ come cazzo gli pare.
Credetemi, non è facile iniziare a sbattersene. Iniziare a farlo per davvero.
Il pensiero degli altri è stato quello che per anni mi ha portato a fare quello che facevo, il constante cercare una approvazione negli occhi di chi avevo intorno.
“Sì, stai facendo bene, sì vai bene come sei.”
Da ragazzino me la vivevo molto meglio. La mia lista di rappresentanza liceale si chiama The Outsiders (quando ancora l’inglese in contesti istituzionali non andava di moda).
Poi non so cosa è cambiato, ho iniziato ad aderire ad una sequela di norme sociali, finendo ad andare a vivere una vita in cui non mi ci rispecchiavo pienamente, alienando una parte di me e vergognandomi persino di possederla.
Sarà stata la facoltà di economia, sarà stata la scelta di vita che avevo fatto, sarà che mi vivevo come un quarantenne quando di anni ne avevo venti.
Non ballavo, perchè non ho ritmo e imbarazzavo chi era con me.
Non facevo esercizio fisico, perchè avevo paura dello sguardo degli altri.
Non scrivevo, perchè avevo paura del giudizio di chi mi avrebbe letto e di cosa avrebbe capito delle mie parole.
Una ansia così forte nel digitare ogni parola, pensando cosa avrebbe pensato chi avesse letto, le discussioni infinite e le paura di perdere le persone della mia vita perchè avrei mostrato loro un lato di cui non avevo pieno controllo.
Che però era la versione completa di me.
La seconda via è la più difficile. Perchè è quella vera. Ti mette davanti ai tuoi mostri e ai tuoi scheletri nell’armadio. Sarebbe sempre più facile tornare alla prima, essere meno me stesso, meno grezzo, meno diretto, meno “se mi chiedi come stai ti rispondo come sto davvero”.
Di certo significherebbe spaventare meno le persone e risultare meno imbarazzante da portare in giro.
Ma da quando sono cambiato e ho scelto la seconda di via, i veri amici sono rimasti. Quelli che già conoscevano il mio lato oscuro. E chi ho conosciuto, mi apprezza per come sono e non per come fingevo di essere.
Corro, gioco ai videogiochi, scrivo, studio, mi innamoro, accetto di non essere innamorato, mi vivo nelle mie diecimila e una contraddizioni.
Non mi frega più di piacere, mi frega di avere persone intorno che sono loro stesse e piuttosto ci confrontiamo, che un falso “sì, va bene cosa stai facendo” salvo poi sfottere dietro.
Non dico che chi di voi riesce a vivere nel primo mondo abbia qualcosa in meno di me, ma non lo avete nemmeno in più.
Non avete idea delle centinaia di persone che calpestate ogni giorno perchè mettete in pubblico il loro non appartenere al vostro mondo, come se fosse qualcosa di meno. Di come queste persone facciano fatica poi a confrontarsi con voi e parlarvi quando l’unica cosa che sentono provenire da voi è un giudizio misto ad un po’ di schifo.
Ora, che sono sicuro di me, i vostri sguardi mi scivolano addosso, ma ho passato anni della mia vita a sentirmi inadeguato perchè non ho mai aderito alle norme sociali dei gruppi in cui mi trovavo. Non è mai stata una scelta consapevole, semplicemente non sono mai riuscito ad uccidermi così tanto al fine di aderire a qualcosa di più grande di me.
Mi piace quello che sono. Non ho idea di che cosa sono. Però ora riesco, dopo tanti anni, a guardare allo specchio e sorridermi.
E se questo vuol dire vivere la mia vita in questo modo, mi va bene.
Perchè chi ho al mio fianco è come è, non una patina falsa e argentea di nullità.
A ciascuno il suo.