Quando vengo a Milano dimentico sempre qualcosa a casa. Un paio di calzini, un libro, un videogioco. Questa volta mi sono dimenticato la cintura.
Lunedì
Affronto la tematica con menefreghismo. Sono in ritardo, devo essere in ufficio alle nove, non ho tempo per una soluzione ottimale, metto il primo paio di pantaloni che trovo per casa.
Risultato, decisamente non ottimale. Nella mia testa mi vedevo già arrivare in riunione alle nove e cinque con i pantaloni che cadevano.
Passo la giornata a tirarmi su i pantaloni, mettendo tatticamente le mani in tasca. Un lato positivo è che almeno non giro con la patta aperta, cosa che capita frequentemente. Lato negativo che sicuramente è stato notato, ma chi è abbastanza in confidenza con me evidentemente ha voluto continuare a divertirsi, e chi non lo è non avrà capito o avrà finto di non capire.
Tornato a casa, praticamente con i pantaloni sotto il culo, me li tolgo e tento di meditare una soluzione, che non arriva.
Martedì
Mi sveglio, in ritardo, ma non è lunedì, quindi ho la flessibilità fino alle nove e trenta. Mi guardo intorno e cerco un qualcosa che mi eviti di passare la giornata a far finta di avere problemi testicolari, sempre con le mani in tasca. Vedo, penzolare, dall’alto, un paio di bretelle. Il tempo scorre, tic toc tic toc, il bus passa fra dieci minuti. E così, le bretelle. Un capo nato dalla mia passione per Beaky Blinders, insieme alla coppola e alla faccia scazzata. Solo che la mia più che scazzata sembra impacciata.
Ultima soluzione. La adotto. Confesso questo mio piccolo peccato a qualche collega e qualcun altro lo nota divertito. Così mi muovo e passo la giornata senza dover aggiungere al normale quotidiano le preoccupazioni di ritrovarmi i pantaloni per terra, culo all’aria nel bel mezzo dell’open space. Insomma. Tutta questa supercazzola per? Avrà un punto questa riflessione da blog personale di quindicenne no?
In questi primi anni di vita da “lavoratore” mi sono reso conto della necessità di quelle che chiamo “soluzioni bretella”. Non sempre si ha tempo, al lavoro, come nella vita, di trovare qualcosa che metta tutti sempre d’accordo. Un po’ ce ne si vergogna, magari non lo si vuole dire e metterlo in mostra. Trovare un modo per reggersi i pantaloni e portare avanti il tutto. Condividerlo con qualcuno, quelli più vicini, che non giudicano se non per darti una mano quando non ce la fai. Può essere ascoltare certi generi per rilassarsi, andare a sfogarsi nei bagni dell’ufficio per lasciare andare il nervoso, la pausa sigaretta in solitaria, il pranzo da eremiti per riprendere contatto con se stessi.
Sì, non sono le soluzioni migliori e ci mettono un po’ in imbarazzo. Però a me le bretelle, oltre che essere comode, piacciono davvero. Mi trovo bene, mi fanno sorridere e mettono un po’ di divertimento nel vestirsi e nell’approcciarsi al lavoro. Certo, sono ridicole, sono buffe, chi se le mette, le bretelle, nel 2018? Però oggi, nonostante la giornata, ogni tanto ci giochicchiavo e ridevo fra me e me.
Una volta avrei chiamato la “soluzione bretella” un compromesso. Non sono disposto a fare compromessi con la mia anima, ma una bretella, anche se rischio di sembrare ridicolo, se non mi fa cadere i pantaloni in ufficio, va anche bene.