Oggi è una di quelle giornata in cui la funzione casuale di Spotify non funziona. Ho dovuto girare circa 30 canzoni prima di trovare qualcosa che rispecchiasse il mio umore, e la scelta è capitata su “If I ever leave this word alive” dei Flogging Molly.
È una canzone triste, ma consapevole di esserlo. Rassegnata, ma sorridente nell’accettare che non sempre tutto va nella direzione giusta. Non si può sopravvivere a questo mondo, alla fine ne usciamo tutti morti, ma il punto è il come ne usciamo.
Una delle metafore che mi piacciono di più nella vita è questa: avrai vissuto una bella vita se sarai nato piangendo circondato di persone felici, e se te ne andrai felice circondato di persone piangenti.
Certe volte la vita, con le sue sfide e le sue imprecisioni, ti fionda addosso tante cose. Ti trovi una sera, ad aprire una birra, e a piangere guardando tua sorella. Non sai bene come porti, e capisci che l’unica cosa che vorresti fare è riposarti, metterti sotto le coperte, scrivere, ascoltare un po’ di musica, lasciare che il dolore trovi il suo posto e digerire un altro pugno nello stomaco. Il tutto, cercando di non sentirsi troppo inutile.
“I’ll be here when it all gets weird”. Sarò lì quando tutto diventerà strano.
Amici che non lo sono più. Ricordi di serate passate a divertirsi che saranno solo ricordi. L’amarezza del rimembrare un tempo passato che non lo sarà più. Quella sensazione terribile di incapacità di fare qualcosa di utile e il non riuscire a godersi il momento perché si è con il cuore e con la mente da un’altra parte.
Si riesce a sopravvivere a questo mondo? È possibile vivere e non farsi semplicemente vivere dalla vita?
Questo ancora non lo so. Una volta ero molto credente e avevo tante risposte per le poche domande che mi facevo. Con il tempo, con l’età, con la vita, sono diminuite le risposte ed aumentate, piano piano, le domande. Ma alla fine un paio di punti fermi ci sono:
1) Fai meno danni possibile, in primis a te stesso e poi agli altri
2) Sii il più utile possibile
3) Mangia, bevi, corri, fai l’amore come se non ci fosse un domani
Non posso dire di essere un nichilista, perché in qualcosa credo. E queste tre piccole regole, un po’ come le regole della robotica di Asimov, mi aiutano a giostrarmi nel quotidiano, cercando di direzionare il mio piccolo operato, in un qualcosa di più grande.
In questi anni, ho fatto pace con i miei mostri sotto il letto. Ci ho parlato, e ho capito che avevano più paura di me di quanta io ne avessi di loro. In questi giorni, ho rivissuto, da grande, uno dei dolori che mi hanno caratterizzato la vita. In un modo diverso, relativo, ma sono tornato a sentirmi quel bambino inerme di otto anni. Ma non sono più quel bambino.
Gli anni sono passati, la pelle si è ispessita, e nessun mio fallimento mi ha mai fermato. Ogni giorno, in ogni piccola cosa, che sia una chiamata, un silenzio, un ascoltare, butto il cuore oltre la siepe. Ho accettato di vivere l’esistenza in questo modo, di essere un tristone.
Se però, questo modo, mi permetterà di sopravvivere a tutto questo, forse è davvero il modo giusto.
Decio